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Bari, la decisione di un dottore: «La Medicina Generale sta lentamente morendo. Mi dimetto»

 
G. Flavio Campanella

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G. Flavio Campanella

Bari, la decisione di un dottore:  «La Medicina Generale sta lentamente morendo.  Mi dimetto»

Foto d'epoca: Laureati in medicina a Bari nel 1925

La scelta di Ivo Vulpi, 62 enne oculista barese: dopo 34 anni da dottore di famiglia passa alla specialistica ambulatoriale

Mercoledì 29 Marzo 2023, 14:38

15:06

BARI - Venerdì manifestano in piazza Prefettura i medici e i pensionati aderenti alla Cgil, preoccupati dello stato della sanità pubblica («temiamo che possa davvero venir meno il sistema nazionale e la capacità di garantire il diritto costituzionale alla salute per tutti», hanno affermato i sindacati). Sabato a mobilitarsi saranno poi i medici di medicina generale aderenti alla Fimmg: ribadiranno il profondo disagio dei professionisti delle cure primarie per la condizione in cui versa la medicina territoriale («è tempo - ritiene Filippo Anelli, presidente di Omceo Bari e Fnomceo - di definire un nuovo modello e di individuare le risorse per metterlo in atto, garantendo così quella assistenza sanitaria di prossimità che è uno dei pilastri del nostro sistema e che rischia di venire meno per mancanza di risorse umane, oltre che finanziarie»). Intanto, però, i buoi scappano, non soltanto perché arrivati a fine percorso (molti dottori di famiglia stanno andando molto volentieri in quiescenza senza che vi sia un turnover: mancano circa 200 medici di base in Puglia e un centinaio in provincia di Bari), ma anche perché non ne possono più di condizioni di lavoro precarie e di umiliazioni (con la pandemia la pazienza è finita anche per l’eccesso di burocrazia lamentata a più riprese). L’esodo, dunque, è spesso volontario ben prima che si raggiungano i requisiti per la pensione.

DIMISSIONI - Un caso emblematico riguarda Ivo Vulpi, 62 anni, medico di medicina generale a Bari (ancora per poco), e fino a qualche tempo fa referente dello Smi nel capoluogo. Dopo 34 anni di onorata carriera, ha deciso di dimettersi. «Ho praticato la Medicina generale a vario titolo: da sostituto, da titolare, da medico di continuità assistenziale. La lascio il prossimo 6 aprile. Ho deciso di cambiare vita. Rappresento la terza di quattro generazioni di medici (il nonno Michele nel 1925 è stato nel gruppo dei primi laureati in Medicina all’Uniba - n.d.r). Visto che mio figlio maggiore Marco è chirurgo urologo, con me si interrompe la professione di medico di base. Da oculista, passo alla specialistica ambulatoriale al Distretto socio sanitario di Brindisi - afferma, proprio mentre è in procinto (ieri mattina) di firmare il contratto - . È stata una scelta sofferta, ma ponderata. Perché lo faccio? Perché la Medicina generale sta morendo».

DECADIMENTO Vulpi, così come gli altri colleghi, ha vissuto sulla propria pelle il decadimento della professione, messa a durissima prova nel periodo dell’emergenza, ma già alle prese con una serie di deficienze. «La medicina di base è schiacciata - afferma senza mezzi termini - tra l’incudine, cioè la politica che nomina amministratori e amministrativi miopi e burocrati, e il martello, cioè una popolazione che pressa con una crescente richiesta di salute alla quale il medico di famiglia non può seriamente rispondere perché non è supportato da un territorio funzionante e ben organizzato. Anche l'ospedale non riesce a dare vere risposte, in termini numerici e di rapidità di esecuzione della diagnostica e della terapia di secondo e terzo livello. In altre parole, le liste di attesa sono esagerate e la politica non ha alcuna intenzione di riorganizzare seriamente la sanità pubblica. L'unica risposta è l’eccesso di burocrazia, quando semmai serve un controllo mirato nei confronti di chi non si impegna seriamente».

DISINFORMAZIONE La mole di lavoro, secondo i medici di medicina, è ormai diventata insostenibile perché asfissiante. «Si tende a incrementare i massimali, cioè il numero dei pazienti iscrivibili al singolo medico (c’è stata l’intenzione, senza che vi sia stato un seguito, di alzare la soglia fino a 1.800 assistiti ciascuno - n.d.r.) anziché aumentare il numero dei medici, così favorendo la professionalità. Si estende, anche se su base volontaria, l'età pensionabile invece di puntare sui giovani, mettendoli nelle condizioni di affrontare con serenità il loro lavoro. Inoltre sono deprecabili le campagne di disinformazione circa i presunti guadagni e la scarsa voglia di lavorare dei medici di medicina generale, fermo restando che le pecore nere sono presenti in tutte le greggi. Io a un certo punto mi sono sentito come Don Chisciotte che combatte contro i mulini a vento. Prima di finire folle come lui, avendo impegnato tanti anni di studio nella specializzazione di oculistica, ho deciso di mollare un settore nel quale non credo più. Basta, me ne vado».

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