Quattordici famiglie di lavoratori senza cassa integrazione in deroga. Questa è una delle tante storie post Coronavirus, di impiegati e operai senza il sussidio a causa della complessità (o dell’indefinitezza) delle procedute burocratiche.
L’azienda Cetis, attiva nel Barese, ha presentato alla Regione Puglia il 4 aprile una richiesta di cassa integrazione in deroga per i suoi dipendenti e attende risposte (non ha ricevuto una lettera di approvazione o diniego). Il caso riguarda una impresa non iscritta al Fondo bilaterale dell’artigiano: «Il premier Conte e la giunta regionale, anche sul vostro giornale - spiega il titolare, Michele Muschitiello - hanno chiarito che nessuno resta indietro e che sarebbe stata erogata la cassa in deroga anche alle aziende non iscritte al Fondo degli artigiani.
Adesso siamo in difficoltà e soprattutto senza risposte dall’amministrazione pubblica». «I lavoratori - aggiunge il piccolo imprenditore - sono molto arrabbiati e pronti a scendere in piazza per fare presente il loro disagio».
Per l’amministrazione regionale non si tira indietro l’assessore allo Sviluppo economico Mino Borraccino che offre questa lettura della querelle: «Premesso che questa è una vicenda che attiene alla sezione lavoro, confermo che da assessore ho seguito la questione. Una circolare dell’Inps ha affermato che tutte le aziende artigiane devono presentare la domanda di Cig in deroga al fondo bilaterale, anche da non iscritte.
Con questa prassi i dipendenti riceveranno le risorse richieste, mentre le aziende dovranno pagare le quote spettanti al fondo negli ultimi tre anni. Parliamo di una cifra vicina ai 150 euro all’anno da moltiplicare per le tre annualità». «La Regione Puglia - conclude Borraccino - è stata, la seconda in Italia nel completare le procedure per le Cig in deroga. Forse c’è un difetto di comunicazione tra l’azienda e il fondo bilaterale. Proveremo capire dov’è l’inghippo».