Mai più: ora che tutti, da Amadeus a Fiorello, giurano che non rifaranno il Festival, cosa ci resta di questo Sanremo 2021? Forse poco. E forse, come gli altri anni, una luce che si spegne, questa volta davanti ad un nugolo di poltrone vuote, di lustrini e di parrucche.
Abbiamo visto una buona fetta di Sud: da Ermal Meta che nei trent’anni dall’esodo albanese, ricorda una rinascita e, tra l’altro, con una bella canzone d’amore, fino al foggiano Gaudiano, vincitore tra i Giovani. Ma abbiamo anche visto un’edizione un po’ dimessa, della quale per tirarci su, possiamo sorridere su una cosa: lo stile. Che orrore!
Salvando l’icona creativa di Achille Lauro, ora in piume di struzzo, ora in treccia rossa stile Mina, ne abbiamo viste delle belle in questo Sanremo pandemico, quanto ad abiti e travestimenti. Anzitutto quei lustrini sulla giacca di Amadeus, il presentatore-robot che scintilla come un asciugacapelli in corto circuito: ogni sera, una mise diversa, con l’apice nella serata dello smoking rosso Natale.
Dov’è finito lo stile italiano? Pochi abiti belli, poca eleganza, se togliamo la direttrice d’orchestra Beatrice Venezi e la modella Vittoria Ceretti con abito lungo nero e fiocco rosa. La bellissima voce di Noemi si è accompagnata ad un look più raffinato, tra l’altro senza più i chili di un tempo. Ma per il resto, aiuto, serve una lezione un po’ a tutti. Troppe parrucche: l’azzurro ha dominato come nei cieli di marzo del festival di marzo. Ma poi.. che (s)grazia: il mantello da regina/strega della brava Pausini; il troppo rosso di Arisa tra unghie, smoking e spatolate di rossetto; le troppe barbe (anche di Gazzè); il troppo confuso e maculato de Lo Stato sociale, che invece ha portato una canzone interessante in cui ci sono anche il papa e Freddie Mercury.
Uomini e donne peccano di stile facilmente all’Ariston. Le rose sulla giacca di Peyote (nonostante l’ottima performance); le piume e pellicce divise equamente tra Emma e Alessandra Amoroso (forse dovevano accordarsi prima sul look!); i pantaloni di Fedez, ma ci siamo abituati, e quelli di Gio Evan, bermuda da scout con arabeschi multicolor. Mah. Per non parlare delle conchiglie sul seno-balcone di Orietta Berti, mentre Elodie ha sfoggiato invece classe e grinta in red.
Ma ogni Sanremo è così: sembra che si debbano vestire le voci dei cantanti, come se lo choc possa sostituire lo chic. Un peccato perché una voce è una voce e lo hanno dimostrato cantanti come ad esempio Mahmood, alla fine quasi «sobrio» in vestitino e stivali neri. E i bravissimi Maneskin, ai quali la classe non manca, anche con il body che sborda dai pantaloni.
La carnevalata delle gag Amadeus-Fiorello (quest’ultimo in versione stanca); il sermone alle ragazze fatto da una Barbara Palombelli vestita da maestrina che esce una sera per il concerto. Sì, è la legge dello spettacolo, del live. Però: anche David Bowie indossava tute in vinile e bandiere... qualcuno ha mai dubitato che avesse stile?