E vissero tutti felici e contenti. Quasi. Antonio Conte non lascia. Ma forse è ancora presto per dire se raddoppia. Il tecnico salentino prosegue la sua avventura interista riallacciando i fili di un anno che sarebbe riduttivo definire intenso. «Incontro costruttivo: la strategia è condivisa», l'unico concetto emerso dal comunicato del club nerazzurro, al termine di una riunione fiume durata quasi quattro ore, alla presenza (pare) anche di alcuni legali. Segno che fino all'epilogo, giunto attorno alle 18,45, ogni scenario fosse ancora possibile. Pace fatta allora , ma c’è sempre la sensazione che sotto la cenere covi ancora qualche fuoco.
Nello stesso giorno un’altra notizia piomba sul pianeta calcio: Messi comunica al Barcellona che la loro lunga «love story» è finita. E viene da pensare a una coincidenza bella e impossibile: e se le strade di Conte e Messi finissero con l’incrociarsi? Non si può mettere in discussione la bontà del lavoro del coach leccese: il gap con la Juventus (sebbene mai così «umana» come nella stagione appena terminata) era ancora evidente ed è arrivato un secondo posto in classifica che comunque segna una crescita rispetto al passato. L'avventura europea si divide tra la delusione per l'eliminazione dal girone di Champions League e il rimpianto per la sconfitta in finale di Europa League, arrivata al termine di un mese in cui i nerazzurri avevano comunque mostrato una crescita costante. Dunque, una base da cui ripartire esiste.
Molto più difficile, invece, è cancellare dall'immaginario collettivo l'inquietudine di Conte. Un senso di disagio cominciato fin da un anno fa, quando bacchettava il club per un mercato che non decollava e, infine, esploso nella conferenza stampa dello scorso 21 luglio, al termine del match perso con il Siviglia.
Il 51enne tecnico salentino è apparso troppe volte scontento, mai davvero calato in un ambiente che non ha sentito «suo» fino in fondo (e non lo ha nascosto), forse nemmeno protetto da una società probabilmente distante rispetto al suo modello. Conte è sembrato persino stanco in alcuni frangenti. Addirittura si è lasciato sfuggire il pensiero di allontanarsi dal calcio, a tutela sua e della famiglia. Affermazioni che paiono in antitesi con il modo quasi «religioso» di vivere il suo mondo. Soprattutto, si è avuta l'impressione che non vedesse margini di crescita nel progetto Inter, nonostante un (ricchissimo) contratto siglato fino al 2022. Solo il tempo dirà se l'incontro di ieri ha davvero diradato ogni nube.
Ma una cosa è certa: Conte potrà lasciare il suo marchio sui nerazzurri soltanto se continuerà ad essere animato dal sacro furore, dalla spasmodica voglia di vincere, dalla «cazzimma», come la chiama lui. Se la sua permanenza, invece, dovesse essere il frutto di una serie di compromessi, la telenovela riserverà altri, clamorosi e forse dolorosi, colpi di scena.