Se l’economia fosse come il gioco del pallone, non ci sarebbe storia tra Italia e Germania, due rivali non solo negli stadi. Il Belpaese vincerebbe sempre 4 a 3 (come nella mitica semifinale di mezzo secolo fa), e a volte prevarrebbe anche con un punteggio più rotondo. Purtroppo l’economia di una nazione non si vede solo dal coraggio, dall’altruismo e dalla fantasia, le doti fondamentali richiste ai bravi calciatori dal cantautore Francesco De Gregori in uno fra i suoi brani più amati. Anche nell’economia, nel sistema delle imprese, l’Italia è ricca di coraggio, altruismo e fantasia. Ma non basta. Lo stato di salute di un’economia si giudica anche o soprattutto dalla volontà di far quadrare i conti da parte dei singoli governi.
Si giudica cioè dalla predisposizione alla disciplina finanziaria, che poi sarebbe autodisciplina, in contrasto con le tentazioni quotidiane di quell’illusione finanziaria che, come dimostrò lo studioso Amilcare Puviani (1854-1907), costituisce l’autorete automatico cui si condannano gli stati costantemente sedotti dalle spese allegre.
Da domani il Vecchio Continente ritrova la trazione tedesca. Comincia la presidenza semestrale germanica dell’Unione Europea. Sarà Angela Merkel a portare la battuta. Sarà lei a monopolizzare, ancora di più, le prime pagine dei giornali.
Ovviamente crescono le aspettative per l’esordio della Cancelliera, attesa a prove ultra-impegnative: dal Recovery Fund al progetto di sovranità sanitaria, dalla spinta verso il bilancio autonomo (finalmente, si spera, deciso e varato dall’europarlamento) al passo verso una nuova impostazione della fiscalità. Per non dire dell’esplicazione del Mes, i cui quattrini servirebbero all’Italia più del vaccino anti-Covid. Insomma, la Merkel è attesa alla sfida più impegnativa della sua luminosa carriera politica: cercare di erodere sovranità agli stati per trasferirla all’Unione. Ci riuscirà? Non ci riuscirà?
Ma nel prossimo semestre si disputerà, pure, una partita nella partita, stavolta solo tra Italia e Germania, proprio come tra le Nazionali di calcio.
Non è un mistero che la Germania voglia intensificare il pressing per la cessione di sovranità da parte dei singoli governi, mentre l’Italia intende giocare nuovamente all’italiana, ossia in difesa, se necessario ricorrendo al catenaccio, pur di proteggere l’area piccola dei portieri nazionali, che poi sarebbe il club di chi vuole continuare a spendere senza dar conto ai soci, ai compagni di squadra europei, degli effetti di simili condotte.
Non sarà semplice siglare un compromesso politico e, per certi versi, culturale tra Italia e Germania, per la semplice ragione che, pur condividendo in origine, sulla carta, lo stesso tipo di economia, Italia e Germania sono approdati a risultati diversi e talora opposti. Entrambe, Italia e Germania, hanno sposato, da molti decenni, l’idea dell’economia mista che, secondo il suo aedo più celebrato, l’inglese John Maynard Keynes (1883-1946), altro non è che il cocktail tra mercato e programmazione: il mercato pensa ai consumi, la programmazione agli investimenti. Ma se la Germania, anche grazie a una legislazione trasparente e filo-produttiva, è riuscita davvero a costruire un modello di economia mista ispirandosi al principio della sussidiarietà, viceversa l’Italia, anche per colpa di una legislazione opaca e anti-produttiva si è distinta nella realizzazione di un’economia confusa, che sta all’economia mista come un abito mal confezionato sta a un abito sartoriale.
In un’economia confusa non si capisce dove inizia il settore privato e dove termina il settore pubblico. Si sa solo che quest’ultimo tende ad allargarsi a dismisura come faceva l’imponente Bud Spencer (1929-2016) nei cinecombattimenti da saloon.
Il che non è senza conseguenze, perché compromette il calcolo economico, ossia il calcolo di convenienza, che è alla base di ogni progetto economico e imprenditoriale.
Si legge spesso che in Italia abbondano gli scioperi del lavoro, ossia dei dipendenti. Ma si trascura il fatto che in Italia abbondano anche gli scioperi degli investimenti, ossia degli imprenditori. E gli scioperi degli investitori abbondano proprio perché, in un’economia confusa, il calcolo economico somiglia a una puntata al superenalotto. Assai aleatoria. In Germania lo stato è preponderante come in Italia, ma l’economia tedesca è mista davvero, non c’è confusione, non c’è promiscuità tra sfera pubblica e sfera privata. La qual cosa sta a significare che nessun settore mette i bastoni tra le ruote all’altro, né che i doverosi princìpi di solidarietà debbano mettere sabbia nel motore alla macchina che produce ricchezza.
Ecco. Prima di sollecitare o invitare i governi nazionali europei a cedere porzioni considerevoli di sovranità, la Cancelliera, nei prossimi mesi, farebbe bene a spiegare a tutti, e in particolare all’Italia, la differenza tra economia mista ed economia confusa. Non vorremmo che l’Italia dopo aver tentato di italianizzare un’Europa senza sovranità riuscisse a italianizzare un’Europa fornita di sovranità. Sarebbe il colmo.