Nonostante precauzioni, quarantene e tamponi, alla fine il Coronavirus è arrivato anche in Italia. Poiché si tratta di una cosa seria, sarebbe opportuno che i politici si astenessero dal farne argomento della perenne campagna elettorale. Il fatto che il virus cinese si sia manifestato anche da noi costituisce - purtroppo - una normalità e non la conseguenza di una presupposta malagestione della situazione sanitaria. Chi si occupa di epidemie - e questa è fra le più subdole, poiché presenta sintomi che possono facilmente essere confusi con la normale influenza - sa bene che in un mondo globalizzato come il nostro è pressoché impossibile evitare totalmente il contagio.
Del resto, se ci sono stati casi in Germania, in Francia, in Giappone e negli Usa - solo per citare Paesi sviluppati - non si capisce perché in Italia no. Virologi ed epidemiologi sapevano e qualcuno, l’ha anche detto, che ben presto avremmo avuto a che fare con il «Covid 19», come è stato scientificamente battezzato.
Dunque, il virus c’è e va contrastato nella maniera più opportuna. In Italia ci sono sia le competenze scientifiche a tutti i livelli sia le strutture che possono garantire cure appropriate ed efficaci, come dimostra il netto miglioramento dei due cinesi ricoverati allo Spallanzani, dove erano arrivati in cattive condizioni di salute.
L’importante in questa fase è che ciascuno sia messo in grado di fare la propria parte senza inutili interferenze. Il mondo della politica, soprattutto, almeno in questa circostanza, non deve cedere alla facile tentazione di strumentalizzare la situazione. Sarebbe un pericoloso gioco con la salute delle persone. Anche perché si potrebbero alimentare ingiustificate paure. Già ieri mattina, non appena diffusa la notizia dei casi in Lombardia, c’erano stuoli di mamme in ansia per i figli «emigrati» al Nord. Il panico e le fake news vomitate dal web sono un mix esplosivo che può far inceppare anche la migliore organizzazione sanitaria del mondo. Anche noi giornalisti dovremmo darci una calmata nella ricerca di improbabili scoop. Verificare con esperti le notizie sanitarie, citare sempre le fonti, rispettare il diritto alla privacy delle persone contagiate o anche solo sospettate di aver contratto il virus, sono tre punti irrinunciabili della professione e che ci distinguono dai tanti ciarlatani in circolazione.
Comportamenti irrazionali e ingiustificati, come per esempio la corsa all’acquisto di mascherine (5 euro al pezzo, affari d’oro per farmacie e parafarmacie) rischiano di avere anche profonde ripercussioni economiche oltre che di stroncare la vita sociale. C’è già chi invoca la chiusura degli stadi e dei centri sportivi, c’è chi si chiede se non sia pericolosa la messa del Papa domani in piazza a Bari, se metropolitane e treni non costituiscano un veicolo di trasmissione del virus. E ci aspettiamo anche la proposta di chiudere università e scuole per qualche settimana. Calma, siamo in Italia, per la precisione in Lombardia, regione moderna e all’avanguardia nel campo sanitario, dunque assolutamente in grado di gestire un focolaio di coronavirus senza trasformarlo in una tragedia nazionale. Basta seguire le normali regole d’igiene, come ci raccomanda a ogni piè sospinto il volto rassicurante di Michele Mirabella dagli schermi di mamma Rai.
Gli scienziati ci dicono che nel futuro sarà sempre più frequente la diffusione di nuovi virus perché non solo l’uomo si evolve e cambia, ma mutano tutti gli esseri viventi. Il fatto di vivere oggi molti più anni dei nostri nonni è una conquista preziosa legata alle scoperte scientifiche, ma anche alle migliori condizioni di vita, soprattutto sotto il profilo dell’igiene. Ma questo non significa che abbiamo debellato per sempre malattie e virus. Come dimostra il «Covid 19», una banale infezione come l’influenza può mutare in qualcosa di più pericoloso, solo perché ancora sconosciuto alla medicina. L’importante - lo ripetiamo per l’ennesima volta - è non lasciarsi prendere dal panico e non speculare sulla salute degli italiani. E alla fine supereremo anche questa prova.