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Il fattore tempo può fare luce a Mezzogiorno

 
Giuseppe De Tomaso

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Giuseppe De Tomaso

Il progetto segreto? Abbandonare il Mezzogiorno

L’autonomia differenziata pretesa da tre regioni del Nord è la classica riforma che farebbe del male anche ai suoi più infuocati supporter

Martedì 30 Luglio 2019, 12:31

L’autonomia differenziata pretesa da tre regioni del Nord è la classica riforma che farebbe del male anche ai suoi più infuocati supporter. Lo ha dimostrato su queste colonne, l’altro ieri, con l’abituale ironica sagacia, il professor Umberto Sulpasso. Per fortuna l’autonomia non pare destinata a un traguardo immediato, anche se non tutto il Mezzogiorno sembra propenso ad alzare la voce in caso di trasferimento coatto dei poteri dello Stato centrale al Lombardo-Veneto.
Se si spacca il Paese, piangono tutti: ricchi e poveri. Ovviamente il Sud non può né deve restare alla finestra, sperando che passi la minaccia del temporale. Né può pensare di consolarsi con il reddito di cittadinanza o con qualche altra equipollente misura assistenzialistica.

Il Sud deve chiedere più infrastrutture e più libertà d’azione, oltre che dar prova di senso di responsabilità nella progettazione e nell’attuazione delle opere.
Ieri si è aperto l’ennesino «tavolo» per il rilancio del Meridione. Se a ogni apertura di «tavolo» fosse seguito un miglioramento della situazione, il Sud oggi avrebbe più occupati della California e un tasso produttivo degno di un distretto cinese.
Ma siccome in Italia la ritualità non conosce mai crisi, i vertici sono come gli esami della commedia di Eduardo De Filippo (1900-1984): non finiscono mai. Pirtroppo, o per fortuna, non sono i «tavoli» a produrre lavoro, bensì le imprese, la voglia di crescere, di rischiare e di investire.

Non tutti i vertici, per la verità, sono infecondi. Alcuni producono idee e proposte intelligenti e condivisibili. Peccato, però, che la classe dirigente del Paese spesso non sia all’altezza delle sfide, il che specie a livello locale, e nel Sud innanzitutto, si traduce in uno stallo privo di sbocchi, in una stagnazione permanente.
I bonus fiscali, ad esempio, possono giovare molto alla causa e al decollo del Mezzogiorno. Ma vuoi perché spesso ci si mette l’Europa che vieta interventi «ad hoc« per singole aree geoeconomiche, vuoi perché gli stessi protenziali beneficiari preferiscono gettare il can per l’aia, a volte succede che il tempo passa e nessuno fa nulla, salvo protestare - i più estremisti contro l’impresa e la civiltà post-industriale - contro tutto ciò che sa di nuovo e di produttivo.
Il tempo è forse la principale risorsa economica, dopo l’intelligenza umana. Ma lo spreco di tempo in atto nel Mezzogiorno è più consistente dello spreco di acqua. Basti pensare, per restare nella cronaca più recente, all’istituzione della Zes Interregionale Adriatica, il cui via libera è, appunto, solo di poche ore fa.

Il Sud parco delle tecnologie auspicato dal vicepremier e ministro Luigi Di Maio è un obiettivo ultracondivisibile. Ma perché la mossa arrivi a dama è necessario che le varie governance nazionali e locali non si mettano di traverso e che, soprattutto, si tenga lo sguardo sempre orientato verso l’orologio.
Quando e dove l’imprenditoria abbia bisogno di una sveglia o di una spinta da parte dello Stato, è opportuno agire con rapidità ed efficacia. E le tecnologie, si sa, sono più preziose del lievito nella crescita di una creatura.
Ma lo Stato centrale ha bisogno di snellirsi sul piano decisionale, così come devono darsi una mossa anche le Regioni il cui centralismo paralizzante non ha nulla da invidiare a quello romano.
Ora. Cosa c’entri questa necessità di fare presto con la richiesta di maggiore autonomia da parte di vaste aree del Nord è francamente inspiegabile. Se in un’amministrazione si nasconde un incapace farà danni anche se lo si sposta continuamente di ufficio. Il che vale sia se l’incapace è ingaggiato dallo Stato, sia se è assunto da una Regione.

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