Cari colleghi parigini e non solo parigini, per piacere. Quest’anno non assegnate il Pallone d’oro a Cristiano Ronaldo. Non già perché il trascinatore juventino non meriti il trofeo. Anzi, nessuno lo merita più di lui, visto che lo scorso anno CR7 ha regalato la Coppa Europea al Real Madrid con una rovesciata che avrebbe lasciato di sasso persino Silvio Piola, uno che colpiva più in rovesciata che di testa. Cristiano Ronaldo non merita il Pallone d’oro perché lo sport, e soprattutto, il calcio va onorato non solo in campo. E se una donna rivela abusi subiti, se l’accusato si scusa per il suo comportamento poco cristiano, se spuntano tracce di un silenzio acquistato a suon di dollari, ciò significa che è bene astenersi. Il principio di precauzione suggerisce di negare a CR7 un alloro già conquistato. Un Ronaldo poco cristiano con la fotomodella Kathryn Mayorga non merita un marchio di qualità. Perché non ci può essere una doppia morale per nessuno, meno che mai nello sport. E fino a quando non si fa chiarezza e non si scrivono parole definitive è bene mettere tra parentesi riconoscimenti di eccezionalità. Che se è vero non sono il premio al migliore chierichetto neppure meritano di essere concessi a cuor leggero. Precauzione, dunque, leggendo bene anche tra le righe.
È letteratura oramai che CR7 sia un incursore mistico della trasgressione e un predatore naturale sin dai primi calci nella polvere dei campetti sotto casa. Talento e istinto, calcolo e incoscienza, fortuna e necessità, metodo e improvvisazione, («Golpe et lione», volpe e leone, avrebbe potuto dire di lui Machiavelli): in fondo è questa l’ontologia del calcio, oppio sociale che non ama però sorvolare sulla doppiezza del centauro: metà bestia che conosce la forza di fare gol e soldi, d’accordo, ma che sia anche metà dio capace di governare le derive. In fondo è per l’autogoverno di sé che CR7 è divenuto un benedetto dal globomarketing. Altrimenti non lo avrebbero messo mica a sponsorizzare mutande, nudo e in prosa d’assalto selvaggio. Nessuno s’aspettava che l’Omero portoghese naufragasse da milionario tra accuse e esagerazioni da lui stesso ammesse. E invece è accaduto.
Ronaldo si difende. Il rapporto nel 2009 con Kathryn fu «assolutamente consensuale», e l'accordo di riservatezza che seguì non ha alcun significato «di ammissione di colpa», spiega l’avvocato difensore. I documenti hackerati e diffusi dai media? «Manipolati o fabbricati ex novo».
Ma la pentola scoperchia dettagli e schizza fango che sposta nel sottoscala le cose meravigliose del Marziano in campo, tributategli con cinque palloni d’oro. Gli spruzzi avvelenati disegnano intrighi nei quali le virtù pubbliche sportive sbiadiscono rispetto ai vizi privati da camera da letto. Fu il Real Madrid di Florentino Perez, temendo le ripercussioni negative sull’immagine della squadra e sul suo fuoriclasse, a versare i 375mila dollari previsti dal patto di riservatezza, nonostante CR7 proclamasse la sua innocenza. E se c’è stato un atto secondo dopo nove anni, al passaggio del Marziano alla Juve - svela Dagospia - è perché il «contraente» del patto del silenzio, il Real, è venuto meno. Sicché i legali della donna hanno bussato alla porta bianconera trovando chiusi i rubinetti economici. Gli avvocati della Mayorga hanno quindi rivomitato gli eccessi di quella lontana notte e ammessi dal Fenomeno. E come se non bastasse, la questione sarebbe anche all’origine della fine del rapporto tra Marotta e la Juventus. Vedremo.
Parigi attenda parole definitive, prima di dare un’altra gloria immortale che spetta a chi in campo e fuori fa gol contro l’irruenza senza ricorrere al risarcimento. Come fa l’eroe golpe et lione.