È tempo di riproporre con forza la questione morale. Questa grande assente degli ultimi vent'anni la cui negazione ha prodotto conseguenze devastanti. Il problema non è soltanto politico ma investe tutti i settori della vita sociale e civile. Emerge nelle più impreviste e clamorose occasioni ma domina l'agire quotidiano di ciascuno. La questione si racchiude nello smarrimento della verità. La costante edificazione di un mondo consapevolmente “verosimile” abitua a vivere di illusioni e speranze.
È tempo di riproporre con forza la questione morale. Questa grande assente degli ultimi vent'anni la cui negazione ha prodotto conseguenze devastanti. Il problema non è soltanto politico ma investe tutti i settori della vita sociale e civile. Emerge nelle più impreviste e clamorose occasioni ma domina l'agire quotidiano di ciascuno.
La questione si racchiude nello smarrimento della verità. La costante edificazione di un mondo consapevolmente “verosimile” abitua a vivere di illusioni e speranze. Esse divengono bastevoli ad un latente inganno quotidiano sebbene procurano l'insicurezza di una vita in attesa della smentita, della disillusione, del redde rationem. Lo stesso legislatore incorre in questa trappola letale. Quando rappresenta norme del tutto dissimili dalla realtà conosciuta non con l'intento di incidere su di essa ma per dissimularla, provoca delle conseguenze nefaste. Induce il cittadino a riporre poco affidamento sulla norma e a maturare il convincimento che essa è pensata come specchietto per le allodole. Dunque, una cosa poco seria da prendere poco sul serio, anzi da apprendere non per il suo intento espresso ma per quello inespresso. Così si mina al fondamento un ordinamento giuridico sempre meno credibile e affidabile.
La pubblica amministrazione è vittima e artefice di questo inganno. Essa cerca complici per far prevalere la dimensione formale su quella degli interessi e in luogo di agire per realizzare giustizia e libertà è percepita come la protagonista delle discriminazioni. Il mondo della produzione è alla rincorsa del posizionamento che dia quel vantaggio inaspettato dovuto non a meriti ma ad opportunismi. Il mondo del “verosimile”, che non ha parti o schieramenti, riversa principalmente i suoi effetti peggiori su quella parte sociale debole ed emarginata, che non possiede anticorpi e non ha le condizioni per difendersi, tanto più dopo che le forme aggregative di essa vivono profonde lacerazioni e disorientamenti.
Ma detti effetti, entrati nel circuito sociale, sono deleteri per tutti, salvo gli intoccabili. Il bubbone del “verosimile” è la manifestazione multiforme del difetto di controllo. Questo implica opacità d'azione e offuscamento di ogni conoscibilità diffusa, trasforma la giustizia da ultimo baluardo di difesa del sistema ad avanguardia curativa dell'ingiustizia sociale. Il difetto cronico di trasparenza mina le relazioni sociali poiché alimenta quella coltre che oscura la verità per la realizzazione di scopi inconfessabili e riempie l'incontinenza verbale di dichiarazioni messianiche esoteriche. È esperienza quotidiana la violazione del diritto di accesso agli atti nonostante le recenti riforme espansive. S'avverte l'esigenza di un organo indipendente di vigilanza che sovraintenda alla piena conoscenza e conoscibilità dei registri pubblici e degli atti delle pubbliche amministrazioni. L'attenzione riservata alla riservatezza, figlia dell'invasione tecnologica, dev'essere riservata anche alla conoscibilità. Senza questa non può esservi controllo diffuso e la questione morale galleggia sulle buone intenzioni.