Come sappiamo tutti l’incontro fra il ministro Salvini e il premier ungherese Orbán a Milano non è stato assolutamente un incontro istituzionale; infatti il Matteo l’ha detto a chiare lettere che ha incontrato l’amico Victor “da ministro, da segretario della Lega e da milanista”. Per questo il premier italiano Conte l’ha saputo leggendo i giornali il giorno dopo. L’incontro era una rimpatriata fra vecchi tifosi, tant’è che per delicatezza Orbán ha chiesto il permesso al presidente Berlusconi, che l’ha concesso con piacere, anche per rinfrescare un po’ l’immagine della società dopo la vendita a quel cinese lì, come si chiama…
È da precisare poi che l’incontro fra Salvini e Orbán si è svolto solo casualmente in Prefettura, e solo perché i bar della Galleria erano pieni di interisti arrabbiati che visto come va la loro squadra magari se la prendevano con il Matteo perché le quote latte le difendeva, quelle di Suning no, e allora dicci dove sono finiti i quarantanove milioni. I tifosi delusi, si sa, sono capaci di tutto. Comunque, sotto una gigantografia di Paolo Maldini che alza la sua prima Champions, i due amici hanno discusso con franchezza di Rino Gattuso che sì, sarà un cuore rossonero, ma sarà capace di gestire una squadra che deve tornare subito in Champions se no chi li sente gli americani di Elliot? E Cahlanoglu è l’uomo giusto per lanciare Hoguain, e a proposito, non era meglio prendere Cristiano Ronaldo che i Drughi ci stanno facendo una capa tanta? E insomma mentre erano assorti in questi dubbi che poi avrebbero trasmesso a Berlusconi che li avrebbe trasmessi a Gattuso che è un bravo ragazzo e ancora fa finta di ascoltarlo, a Salvini è venuto in mente: ah, Victor, ti ricordi che a maggio ci sono le elezioni? In Ungheria? Ma no, in Europa, le europee. Ah, ma esiste ancora l’Europa? Ancora per poco, Victor, poi tu e io…Sì, tu e io, Matteo, tu e io; perché tu sei il mio eroe, Matteo, e voglio che tutta l’Italia lo sappia. Parole sagge, Victor, parole sagge.
Qui, bisogna dire, l’amico Victor è restato un po’ sorpreso da questa diplomatica modestia padana, ma lo stesso ha voluto esplicitare il perché della sua alta considerazione. Perché Matteo, ha detto, è l’unico politico “che si è assunto la responsabilità di fermare i migranti.” Loro in Ungheria ci provarono con quella camerawoman che fece lo sgambetto a quel papà col bambino in braccio, ma quello poi si rialzò e riprese a correre, e loro poi dovettero anche far finta di processare la ragazza. Matteo invece con la Diciotti è stato inflessibile; sei giorni li ha tenuti in mare senza farli sbarcare e poi li ha tenuti bloccati altri cinque giorni anche quando la nave ha attraccato nel porto di Agrigento. Lui se n’è infischiato di tenere bloccate 150 persone, anzi migranti, su una nave italiana in un porto italiano perché dev’essere chiaro che la pacchia è finita. E quando un magistrato lo ha indagato (pensate a che punto siamo arrivati!) per sequestro di persone, arresto illegale e abuso d’ufficio, lui sapete che ha detto? Innanzitutto: vergogna! Poi ha aggiunto: “Possono arrestare me, ma non la voglia di 60 milioni di italiani.” Per la verità non era chiarissimo di quale voglia degli italiani il ministro parlasse, ma siccome il nostro Paese è quello che è (ah, ingrata patria!) subito sui social è diventato virale il post “Salvini, sessanta milioni meno uno”. E alla sera si erano ridotti ai famigliari ristretti più qualche strenua new entry.
Forse anche per questo il ministro, in vista delle elezioni europee, ha voluto incontrare – in privato l’abbiamo detto – il punto di riferimento di un’altra Europa. “Siamo vicini a una svolta storica, inizia un percorso per un’Europa diversa,” ha detto. E poi ha spiegato: “Di là Bruxelles, tedeschi, francesi e spagnoli che dicono che la loro politica consiste nel gestire al meglio l’immigrazione,” (ma si può!) mentre di qua ci siamo “noi che diciamo invece che l’obbiettivo è fermarla.” (E finalmente!) Si capisce, sempre che non ci si mettano di mezzo Vaticano, Albania e compagnia cantante. E già che siamo a questo, Matteo ha cominciato a cantargliene quattro a certi preti che non si impicciano degli affari loro, e Victor ha ricordato che l’impero romano cadde quando dalla pianura ungherese arrivò un certo Attila con i suoi Unni.
Quando si è saputo di questo incontro privato fra tifosi, nelle case degli italiani sono sorte comprensibili preoccupazioni e genitori prudenti hanno preso a suggerire ai propri figli di fare domanda per un altro passaporto, per esempio russo o almeno austriaco. Ma i figli, questi nostri figli viziati che hanno fatto l’Erasmus, hanno la ragazza a Barcellona, gli amici a Berlino e hanno appena ottenuto un lavoro ad Amsterdam, non ne vogliono sapere; e in vacanza vogliono andare a Mykonos e non a Visegrád. Che ne sarà di loro se vincono Salvini e Orbán? E che ne sarà di noi?