Tutto pronto a Leporano per un 25 aprile speciale. Il Canneto Beach, infatti, ospiterà «A Sud del Mondo», un'intera giornata con laboratori e spettacoli, artigianato, musica, sport e relax, dalle 10 alle 23 con associazioni, operatori culturali, artisti di strada e tantissime realtà del territorio. Ospiti d’eccezione saranno i Flaminio Maphia, che alle 19 saliranno sul palco per un concerto esclusivo che celebra i 30 anni di carriera con un mix di successi storici e brani inediti. Preceduti dal live a ritmo reggaeton di Italiano, e oggi conosciuti semplicemente come «Flaminio», il gruppo romano pioniere dell'hip hop è pronto a conquistare il pubblico pugliese, e G-Max racconta alla «Gazzetta» cosa è cambiato in questi tre decenni di musica.
Dal '94 a oggi, un mondo nuovo, ma in cosa sentite di aver mantenuto una coerenza?
«Noi facciamo parte della vecchia scuola, c'è stata un'evoluzione musicale più che stilistica, ma è stato importante rimanere noi stessi. La nostra storia comincia dal centro di Roma, da Piazzale Flaminio, siamo stati la prima comitiva multirazziale d'Italia a varcare le soglie dell'hip hop, raccontando quello che vivevamo, la nostra realtà. All'inizio c'era un po' la tendenza a scopiazzare il rap americano, noi abbiamo avuto un atteggiamento più "casereccio"».
E l'ironia è sempre stata una vostra peculiarità...
«È un po' la natura romana, anche sulle cose negative si tende a scherzarci su. Ma mentre prima il sentirsi "fighi" come i rapper americani era un po' una sorta di emulazione, oggi si continua a prendere spunto da tutto ciò. Anzi, noi ci siamo sempre più immedesimati nella parte degli sfigati, nella hit che ci ha lanciati nel mainstream, "Ragazze Acidelle", parlavamo delle donne che se la tiravano, e la gente si rispecchiava. Un po' come oggi fa Lucio Corsi, si rimette in mezzo la "normalità" non l'essere "fighi"».
Oggi la scena rap e hip hop gode finalmente di maggior attenzione...
«Nei nostri album abbiamo sempre inserito anche brani seri e di spessore, ma in quegli anni non venivamo né ascoltati, né passati dalle radio, la gente si è affezionata al nostro lato più scanzonato. Poi c'è stato anche spazio per belle collaborazioni, siamo stati i primi a rifare "Che idea" di Pino D'Angiò, abbiamo duettato con Max Pezzali che non aveva mai lavorato con nessun altro che non fossero gli 883. E poi Neffa, anche se molti non lo sanno, è l'autore proprio della base di "Ragazze Acidelle"».
Neffa tornato da pochissimo con un disco nuovo, un 2025 di nomi giovani accanto a icone del rap e hip hop italiano...
«Citando proprio lui in "Aspettando il sole" diceva "So che il tempo è ciclico". Tutto è nato in America, 20 anni di genesi fino al boom di fine anni '90/primi Duemila, con la vittoria di Eminem agli Oscar che è stata forse il momento più alto per tutto il movimento. L'Italia è sempre stata paese ospitante di culture, specialmente per la musica, però siamo indietro di vent'anni rispetto all'America. Oggi l'hip hop finalmente è inteso anche come cultura, come moda, non so che fine farà e si è abbassata la qualità. Però ecco, noi della vecchia scuola, a forza di fare dischi e live, ci siamo ancora».
Che tipo di pubblico viene ad ascoltarvi?
«Tante persone cresciute con quel tipo di musica, gente che oggi ha 35-40 anni. Però è straordinario vedere anche tanti giovani, adolescenti che si sono appassionati alla trap e si chiedono da dove arrivi tutto questo, quali siano le radici. Poi dal nostro primissimo concerto, c'è una cosa che facciamo sempre: lasciamo che i ragazzi che rappano salgano sul palco insieme a noi, in una specie di maxi jam session. E visto che giriamo paesini, situazioni anche piuttosto piccole, per loro è un'occasione».
Insomma, siete contenti di tornare in Puglia?
«È un po' una seconda regione per noi, abbiamo fatto tantissimi concerti, feste di piazza, tour incredibili. La gente è calorosa, balla, canta. C'è ancora la voglia di divertirsi più che di passare la serata a fare video con il cellulare».
Il programma di A Sud del Mondo è consultabile a questo link: https://bit.ly/43jmljr