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Da Molfetta il rapper !DEA presenta «Gerda», storia della fotografa Taro tra amore e resilienza

 
Bianca Chiriatti

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Bianca Chiriatti

Da Molfetta il rapper !DEA presenta «Gerda», storia della fotografa Taro tra amore e resilienza

Primo step del nuovo percorso da solista dell'artista, che ha iniziato come frontman dei RAFT

Lunedì 21 Ottobre 2024, 15:47

È uscito venerdì 18 ottobre per Mitridate Records «Gerda», singolo del poliedrico rapper molfettese !DEA. Un brano che segna l’inizio di un nuovo capitolo della storia musicale dell’artista, che dopo anni di scrittura di gruppo inizia un percorso da solista. Matteo Spadavecchia (questo il vero nome) è stato per anni il frontman del progetto di gruppo RAFT (RunAway From Treblinka), con cui ha vinto diversi contest locali e nazionali e ha partecipato ad Amici di Maria De Filippi 15. Ora il nuovo percorso si apre con «Gerda», che trae ispirazione dalla storia della fotografa di guerra Gerda Taro, morta nel 1937 a soli 26 anni, di cui !DEA racconta gli ultimi istanti di vita attraverso gli occhi e i ricordi del suo compagno Robert Capa. 

Quali differenze ha notato tra il lavorare in gruppo e il pensare a tutto da solo?

«La quotidianità della sala prove, il confronto di gruppo e le trasferte: questi sono gli aspetti che più mi mancano della vita di una band, sono gli scogli che bisogna saper accettare ed affrontare quando si passa da un progetto di gruppo ad uno solista. Dal punto di vista compositivo ora sono responsabile del mio destino. L’autonomia nella scrittura e la ricerca sono cucite come un abito alla perfezione con il mio stile compositivo. Inoltre lavorare in autonomia significa poterlo fare secondo i propri tempi, con le dovute pause o accelerazioni in fase di ispirazione e produzione».

Vale la pena approfondire la storia di Gerda Taro, come si è imbattuto in questa figura?

«Ho scoperto il personaggio tramite l’ascolto di un brano musicale: “TARO” degli Alt-J, una band a cui sono molto legato. Inizialmente suonava come le classiche canzoni inglesi, ascoltate in sottofondo e canticchiate simulando le poche parole comprensibili al momento. Dopo ho voluto approfondire il testo: di Gerda mi ha colpito la voglia di vivere e la necessità di esprimere il suo lato artistico fino all’ultimo respiro. Nel pezzo racconto gli ultimi istanti, quanto in fin di vita fosse preoccupata non tanto per se stessa quanto per le condizioni della sua macchina fotografica, con cui aveva documentato l’orrore della guerra di Brunete. Gerda Taro è per tutti simbolo di resilienza, resistenza e odio alla violenza ed è questo il messaggio che vorrei arrivasse agli ascoltatori».

Come ha scelto il suo nome d'arte, in cui la 'i' graficamente diventa un punto esclamativo?

«!DEA (con il punto esclamativo) nasce dalla ferma consapevolezza che le idee sono il motore, la benzina e il mezzo per una base di confronto. E il confronto è il traguardo per raggiungere qualsiasi obiettivo. Un’idea può essere un lampo di genio o un’ovvietà, ma va sempre rispettata anche se soggettiva o strettamente personale. Con questo nome ricordo a me stesso quanto sia importante essere aperti all’ascolto per far tesoro delle esperienze e delle “idee” di chi ci circonda».

Chi sono i miti del rap che ha ascoltato e ascolta tuttora e che hanno influenzato il suo stile?

«Caparezza e Ghemon su tutti, se parliamo di rap. Ma l’elenco è così lungo... Oggi gli ascolti sono sempre più variegati e selettivi, amo tutta la musica indipendentemente dal genere, l’importante è che trasmetta qualcosa. Immaginate di dire “ti amo” nel silenzio del deserto anziché sotto il rumore della pioggia. Il messaggio è lo stesso, l’emozione è diversa».

È nato a Molfetta, la Puglia quanto ha condizionato la sua carriera e il suo approccio al lavoro?

«Sono molfettese, orgogliosamente pugliese. La Puglia è terra di arte e artisti, storicamente contaminata da culture diverse, questo lo si percepisce anche nella musica. Negli ultimi anni ci sono stati tantissimi artisti che stanno venendo pian piano fuori. La provenienza del Sud ti condiziona e ti guida al “carpe diem”, perché in una terra dove le opportunità sono limitate, devi saperle cogliere al volo. Bisogna esser pronti e studiare tanto per lasciare la propria impronta».

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