Con l’espressione “musica classica” si intende - ne abbiamo già scritto su queste pagine - la musica colta della tradizione europea. Che poi si parta, nelle Storie della musica, dalla melodia di Sicilo risalente all’antica Grecia, o dal canto gregoriano, è questione che interessa gli specialisti: di fatto la musica classica che si esegue nelle sale da concerto si estende, più o meno, dal Barocco al Novecento.
Ma il periodo classico è quello che, con una sorta di sineddoche, ha dato il nome all’intero genere colto, per cui non è in discussione che ne sia parte fondamentale.
La triade magica, una sorta di trinità (o, più laicamente, di triumvirato), è formata da Haydn, Mozart e Beethoven, che incarnano il cosiddetto classicismo viennese.
È un paradosso che nessuno dei tre compositori, però, sia nato a Vienna. Franz Joseph Haydn nacque nel 1732 a Rohrau, un paese della bassa Austria più vicino a Bratislava che a Vienna.
Wolfgang Amadeus Mozart nacque invece a Salzburg, ventiquattro anni dopo. Ludwig van Beethoven non è neppure austriaco, ma tedesco, e nacque a Bonn nel 1770, quattordici anni dopo Mozart e ben trentasei dopo Haydn.
Si tratta, non v’è alcun dubbio, di musicisti sommi, e su di loro si sprecano le iperboli e i superlativi, mai come in questo caso giustificati. Però, mentre Mozart e Beethoven appartengono davvero all’immaginario collettivo, Haydn resta un po’ in disparte, curiosamente in bilico tra l’essere sommo e il continuare, nonostante tutto, nel suo ruolo di outisder. Haydn ha, di fatto, inventato (o meglio codificato) la forma-Sonata, cioè quel tipo di struttura musicale che sta alla base di Sinfonie, Quartetti, Concerti, Sonate non solo classici. La forma-Sonata è un modello di pensiero basato sulla tripartizione tesi-antitesi-sintesi, e la sua importanza è ancora oggi fondamentale. Senonché, se chiediamo a un ascoltatore medio di citare il titolo di un’opera di Mozart, non avremo che l’imbarazzo della scelta: dal Requiem alle Nozze di Figaro, da Don Giovanni a Così fan tutte, Mozart è ben fissato nell’immaginario. E Beethoven? Non ne parliamo: dal Chiaro di luna alla Patetica, da Per Elisa al Concerto “Imperatore”, non c’è compositore che vanti più best seller di lui
Se poi chiedessimo di canticchiare un tema mozartiano o beethoveniano, non avremmo difficoltà: da Là ci darem la mano all’incipit della Quinta, c’è una miniera di motivi entrati nella memoria collettiva. E Haydn? Sì, è il “padre della Sinfonia”, ma poi? Cos’ha scritto? Qual è un tema memorabile? Scena muta. Haydn è un nome, tutti sanno che è importante, ma un po’ così, sulla fiducia. Se un direttore artistico ha bisogno di incassare al botteghino, inserisce nei programmi concerti e sinfonie di Beethoven, e anche Mozart ha il suo appeal. Ma Haydn no, assolutamente.
E pure, va detto, nella musica di Haydn c’è classe, ironia – spesso a livelli supremi – senso della misura, ma anche la capacità di sorprendere con sussulti preromantici (ascoltate le Variazioni in fa minore per pianoforte, ad esempio). Certo, seguire le scelte del pubblico, per quanto possano essere criticabili, ci aiuta spesso a cogliere elementi importanti, che magari a un’analisi accademica sembrano trascurabili, ma non lo sono. Forse, allora, Haydn è un po’ “snob”? Forse non accetta di mettere in gioco fino in fondo le proprie emozioni? Non so. Ma, certo, se il pubblico acquisisse familiarità con la sua musica scoprirebbe una miniera di intelligenza e di modernità; e credo ne valga la pena.