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Roberto Ottaviano fa il punto (della notte)

 
Ugo Sbisà

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Ugo Sbisà

Roberto Ottaviano fa il punto (della notte)

Il sassofonista barese Roberto Ottaviano ha scelto questo titolo come punto di partenza per una serie di ricognizioni musicali

Martedì 13 Giugno 2023, 10:19

che punto è la notte. Il sassofonista barese Roberto Ottaviano ha scelto questo titolo come punto di partenza per una serie di ricognizioni musicali che, in compagnia dei «Pinturas», ha racchiuso nel suo ultimo disco, appena uscito per la salentina Dodicilune col sostegno di Puglia Sounds.

E appunto il titolo, preso in prestito dal romanzo poliziesco scritto nel 1979 da Fruttero e Lucentini, fornisce l’occasione di una riflessione approfondita, per «fare il punto», come si suol dire, in ossequio al principio secondo il quale l’arte non ha il compito di fornire risposte, ma talvolta può e anzi forse deve dimostrarsi capace di porre delle domande. La notte, del resto, rappresenta da sempre lo spazio temporale deputato per riflettere, riordinare l’anima e i pensieri, immaginare il futuro ed è lo stesso Ottaviano, nelle note di copertina del disco, a suggerire tematiche che vanno dal naufragio di una generazione sedotta da falsi miti, alla sconfitta della sensibilità in un’epoca dominata dalla seduzione del denaro, dalla soccombenza del talento davanti al potere, alla paura di ciò che non si conosce.

Divagazioni musicali notturne, allora, affidate a un quartetto – lo completano Nando Di Modugno alla chitarra, Giorgio Vendola al contrabbasso e Pippo D’Ambrosio alla batteria – che può ormai vantare una empatia creativa di prim’ordine e che di conseguenza può permettersi di lavorare con grande efficacia su un materiale prevalentemente originale. Dei dieci brani in scaletta, solo due non recano la firma degli interpreti e sono posizionati, guardacaso, all’inizio e alla fine della registrazione, come a volerne definire degli ideali confini che però non sono mai rigidi, ma fluttuanti. Si tratta dell’intenso O Silencio das Estrellas della brasiliana Fatima Guedes e di Avalanche, che Ottaviano ha ripescato dal repertorio di un Leonard Cohen d’annata: il cantautore canadese lo aveva inciso nel 1971 nell’album Songs of Love and Hate. Titoli in perfetta armonia con un materiale originale che, pur mettendo in evidenza le distinte personalità dei quattro autori, suona inevitabilmente come parte di un unicum sonoro. D’Ambrosio firma il danzante Hermes; Vendola è l’autore di Pinturas, una melodia dagli aromi latini reminiscente Charlie Haden, che poi si sviluppa molto liberamente; Di Modugno propone invece la suggestiva meditazione musicale del Notturno Indiano confermandosi oltretutto un chitarrista di rango. Tocca quindi a Ottaviano fare la parte del leone con ben cinque composizioni: si parte dal rapsodico canto notturno di The Moon Is Hiding Beyond Your Mouth per approdare alle delicata ballad di Boo. You and the Night and the Words (Like Clouds) è un tema dallo swing leggero, ma tenace, mentre Like Tears from the Sky è un suggestivo omaggio alla memoria del chitarrista Rino Arbore, cui è dedicato l’intero album.

Il brano parte con una introduzione del contrabbasso che poi esegue il tema all’unisono con il sax, prima che ognuno dei quattro solisti abbia uno spazio tutto per sé, privo di qualsiasi accompagnamento, finendo per creare un’atmosfera dal raccoglimento quasi religioso.

Scout, infine, si libra sui melismi orientaleggianti del sax, prima di essere sottoposto a uno sviluppo molto vario e approfondito. Un lavoro di spessore, ma per niente cervellotico che conferma una volta di più il ruolo di Ottaviano nel panorama del jazz italiano. E che nel suo taglio da noir musicale, ci ricorda che per quanto buia sia la notte, prima o poi dovrà pur passare. Nel frattempo, accontentiamoci di illuminarla con queste stelle sonore.

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