Una storia di coraggio, resilienza e amore per la musica quella di Vasco Barbieri, cantautore romano classe '85 che si esibirà dal vivo sabato 11 marzo alle 21 al Caffè Letterario di Barletta, in apertura del concerto di Fry Moneti dei Modena City Ramblers.
Vasco, in seguito a un coma che gli fa perdere la memoria dei primi anni, il 30 aprile 1993 si risveglia a nuova vita, con gravi danni alla vista, a cui reagisce compensando con il senso dell’udito, sviluppandone la sensibilità sino a “vedere le frequenze”. Il pianoforte, dunque, diventa il suo rifugio per inventare il suo mondo. «Fughe e Compromessi» è il suo ultimo singolo, una canzone stratificata con una composizione intervallata da un lutto molto triste per la perdita del papà che l'ha spinto a ridefinire i significati di ogni parola. Lo abbiamo intercettato per farci raccontare qualcosa in più su di lui e sul suo percorso artistico.
In che modo la musica l'ha aiutata e come ha capito che poteva essere la sua strada?
«Credo di esserne stato innamorato da sempre, ma di aver scoperto questa passione solo in seguito alla mia “seconda nascita”. La musica mi ha aiutato nel momento più difficile della mia vita e continua ad essere la mia compagna fedele in ogni fase, quando mi sento giù di morale o poco bene mi siedo al pianoforte, e il mio corpo riacquisisce vita. Nonostante gli sforzi dei miei familiari, soprattutto di mio padre, a spingermi verso un “lavoro” migliore, ho capito che sarebbe stata la mia strada perché ha rappresentato la chiave con cui aprire le porte del mondo e del mio essere. Fare musica, perciò, significa sentirmi vivo. Quando cambio casa, la prima cosa a cui penso è dove mettere il piano».
Come ha compensato i problemi che le sono rimasti alla vista affinando l'udito?
«Uso un’espressione forte ma efficace quando dico che, dopo il coma, durante il periodo di riabilitazione ho compensato l’abbassamento della vista iniziando a “vedere le frequenze”. Ho tramutato in colori ogni singolo suono ed ho associato le vibrazioni, le emozioni che ogni suono e corpo mi trasmettono. Con il tempo e la riabilitazione, e dopo varie operazioni agli occhi, ho recuperato la vista e ho iniziato a trasformare quei suoni-colori che riecheggiavano nella mia testa e tra le mie mani, in note scritte sul pentagrammam, iniziando così a comporre musica».
Ci racconta un po' l'ultimo singolo, «Fughe e Compromessi»?
«È il frutto dell’elaborazione di un lutto: la perdita di mio padre. Il dolore l’ho incanalato nella musica e nella canzone ho immaginato di vedere mio padre sul letto di morte, scisso fra il voler restare con i cari e il liberarsi dal peso della sofferenza. Possiamo considerarla come il riconoscimento della propria ambivalenza, come nel mito della biga alata di Platone dove c’è un cavallo bianco ed uno nero che tirano in due direzioni opposte, per cui ci si sente scissi fra il volersi superare ed il bisogno, invece, di una continuità con il proprio passato. Questo singolo ha avuto un’evoluzione stratificata in tre fasi distinte intervallate proprio dal lutto. Se, infatti, all’inizio raccontava di un clown che si strucca davanti allo specchio perché vuole liberarsi della sua maschera, ma si rende conto che è proprio quella finzione a mantenerlo in scena, improvvisamente è diventata la richiesta di aiuto di un malato terminale diviso fra l’arrendersi e l’insistere per rimanere accanto ai suoi cari. Infine, grazie alla collaborazione con il regista del video, Ari Takahashi, ci siamo resi conto che la canzone può anche essere interpretata come una relazione d’amore intensa e complessa che si conclude (momentaneamente?) con un’interruzione dei rapporti a causa di un blocco delle comunicazioni, che li riporterà in contatto con se stessi. La canzone si rivolge a tutte quelle persone che come me si sono dimenticate della propria intimità in favore di un ruolo che hanno preteso essere più importante della sincerità con se stessi. È un invito a rientrare in contatto con le proprie speranze facendo i conti con il personaggio che si è diventati, per riaprire un dialogo fra intimità ed esteriorità, fra piaceri e doveri. Pertanto, nonostante possa risultare una canzone triste, in realtà è un brano liberatorio».
L'opportunità di aprire il live di Fry Moneti dei MCR come è arrivata?
«Grazie all’encomiabile lavoro di Marco Stanzani, amministratore della Red & Blue, che ha creduto e continua credere in me e di tutto il suo staff, da Valentina Seneci che segue e supporta l'attività stampa, a Davide Motta referente dell’ufficio booking dell’agenzia che mi ha aperto questa porta, ultima di una serie di tante altre».
Cosa c'è nei suoi ascolti musicali, quali gli artisti di riferimento?
«Le mie canzoni sono l’eco delle speranze e ricerche che mi hanno ispirato grandi classici, David Bowie, Lou Reed, i Led Zeppelin, Phil Collins, i Commodores. Sono cresciuto ascoltando Bach, Mozart, Beethoven, Schubert, Satie, Debussy, perciò la mia passione per le colonne sonore si è sviluppata con Morricone, Piovani, Horner, Zimmer, che riuscivano a rendere la mia vita multidimensionale e più saporita. Le mie canzoni sono un tentativo di sintetizzare tutti quegli ascolti per esprimere le emozioni che caratterizzano la crescita e la ricerca di un giovane sognatore mentre diventa uomo. Con l’evoluzione della musica elettronica poi ho sempre la radio accesa, in cerca di nuove suggestioni».
Che progetti ha per l'estate che viene?
«Sicuramente l’uscita di nuovi singoli, uno prima dell’estate (in fase di registrazione) e un brano estivo più ritmato. Scrivo sia in italiano che in inglese (lingua che fa parte di me e che fluisce più liberamente). Ho soprattutto voglia di live, dal momento che sto sperimentando collaborazioni con più musicisti strumentali (dalla batteria al violino fino al cajon), non vedo l'ora di condividere le mie passioni».