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L'intervista
Ugo Sbisà
07 Gennaio 2021
È un’ispirazione che parte dal Castello dei destini incrociati di Italo Calvino quella che ha spinto il sassofonista barese Roberto Ottaviano a realizzare un docufilm musicale in alcuni dei principali castelli pugliesi, appunto intitolato Castelli dai destini incrociati - Stupor Musicae. Il progetto, realizzato con l’associazione «Nel Gioco del Jazz» della quale Ottaviano è direttore artistico, è nato sulla spinta di un bando di Puglia Sounds che, in questi tempi difficili per la musica dal vivo, stimolava gli operatori culturali a realizzare produzioni musicali e audiovisive slegate dall’aspetto discografico.
«Siamo partiti da una realtà - spiega Ottaviano - e cioè che dobbiamo confrontarci con degli strumenti nuovi per raccontare ciò che si fa in ambito musicale. Lo streaming però è limitante, ci voleva qualcosa in più e, in questo caso, abbiamo pensato di documentare un racconto, un percorso, cercando di raccogliere l’attenzione di chi seguirà il filmato stimolandone la fantasia anche attraverso la vista di luoghi e l’ascolto di racconti».
Quindi com’è costruito il filmato e perché i castelli?
«Il documentario è costruito su un percorso in alcuni dei luoghi più belli che esistono in Puglia, i castelli della via Francigena. Il racconto si sviluppa dal Castello di Manfredonia e si dipana attraverso quelli di Trani, Castel del Monte, Bari, Gioia del Colle, per arrivare nel Salento al Castello di Copertino. Sono sei diverse postazioni, nelle quali abbiamo immaginato il percorso affrontato da alcuni viandanti che raccontano luoghi, avvenimenti e ogni tanto si fermano a incontrare musicisti che affrontano repertori diversi, non necessariamente jazzistici».
Quali sono allora i linguaggi e le narrazioni impiegati?
«C’è la musica popolare, quella antica, poi ancora la musica etnica, il cantautorato originale, fino a un jazz di ispirazione mediterranea. Diciamo che in particolar modo il jazz è più presente come sintassi che non come genere. I testi invece si ispirano al canovaccio di Calvino, dal quale però discende un lavoro originale che fa da percorso narrativo. Così facendo, la telecamera diventa l’occhio dei due viaggiatori».
Un lavoro ambizioso. Qual è il cast impegnato e quali le partnership?
«Tutto è nato anche grazie a un protocollo firmato col Polo museale regionale e approvato dal Mibact. Nel cast, la parte narrativa è affidata agli attori Rocco Capri Chiumarulo e Anna Garofalo. I musicisti coinvolti sono invece le cantanti Giovanna Carone, Serena Spedicato, Lisa Manosperti, Maria Giaquinto; poi Nando Di Modugno alla chitarra, Nicola Nesta all’oud, Mauro Gargano e Giorgio Vendola ai contrabbassi, Vince Abbracciante alla fisarmonica, Pippo D’Ambrosio alle percussioni, Michele Marzella a trombone e radong, Maria Salvemini al violino e il gruppo Kulu Se Mama di Gabriele Ranpino e Maurizio Bizzochetti. Oltre me ovviamente. Per la parte visiva invece le riprese sono state fatte sul campo e con i droni da Nicola e Giorgio Amato, mentre l’audio è di Angelo Pantaleo del Tom Tom studio».
Le riprese sono terminate?
«Non ancora, ci manca il Castello di Mafredonia perché le chiusure legate alla pandemia hanno allungato i tempi. Poi passeremo al montaggio, che però rappresenterà il viaggio in modo quasi onirico, senza rispettare l’ordine cronologico».
In quali circuiti sarà visibile?
«Inizialmente verrà trasmesso in streaming su diverse piattaforme, ma non è escluso che come documento a sé stante possa essere inserito in altri contenitori. Stiamo contattando Rai5 e altri canali dedicati, perché si tratta di una finestra interessante non solo sulla musica pugliese tout court, ma sulla bellezza storico architettonica della regione».
Prima di concludere, una battuta sul suo nuovo disco, «Resonance & Rhapsodies». Sembra stia andando molto bene.
«In effetti, in un periodo da incubo per la musica, tra chiusure e concerti saltati, devo dire che mi sta dando grandi soddisfazioni. Il riscontro della stampa nazionale e internazionale è stato eccellente. E altre sorprese potrebbero arrivare molto presto».
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