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Quando inizia la caccia alle streghe, la strega sei tu

 
Mirella Carella

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Mirella Carella

Quando inizia la caccia alle streghe, la strega sei tu

«Ho chiesto agli studenti se per loro avesse ancora un senso festeggiare l’8 Marzo»

Mercoledì 08 Marzo 2023, 09:00

Quest’anno, giocando un po’ d’anticipo, ho chiesto agli studenti se per loro avesse ancora un senso festeggiare l’8 Marzo. L’ho chiesto pensando a qualche commento frettoloso ascoltato nei corridoi, da adulti della mia generazione, per cui questa data è legata al sapore un po’ retrò di feste anni ‘80, per sole donne, vissute come l’unico giorno possibile per concedersi spazio, mettere presto i figli a letto e abbandonare i mariti al loro destino di cene fredde preparate svogliatamente e in fretta, e concedersi un momento di febbrile giovinezza perduta. La domanda, banalmente retorica, ha invece messo in moto tra i più giovani, riflessioni di imprevedibile saggezza. La mia risposta sarebbe arrivata dopo che le loro riflessioni avessero preso forma. Questa volta avrei utilizzato come immagine un manifesto, realizzato da un gruppo di Artiviste: le Guerrilla Girls, che promettono nel nome il senso stesso del loro lavoro. Il manifesto, conciso ma efficace, condensa in poche righe il ruolo della donna nell’arte e recita: «Meno del 4 per cento delle artiste contemporanee sono donne, ma il 76 per cento dei nudi sono femminili».

Certo, di anni ne sono passati, e non pochi, era il 1984 quando questo gruppo di giovani donne, riunitesi in un collettivo a New York, lasciava presagire come sarebbe stata la marcia: lunga, irta, in salita, ma irrefrenabile, alla quale giovani donne erano già pronte. E nonostante siano passati quasi 40 anni, crea sconcerto e dolore pensare che ancora lunga sia la salita, non meno irta, e non meno faticosa, perché ciò che da noi è in parte mutato, è rimasto stantio altrove, e peregrinando per altri luoghi, si assiste allo spettacolo disdicevole della donna umiliata, boicottata e sottomessa. Le ragazze lo sanno, lo hanno scritto chiaro e tondo, per esteso: «L’8 Marzo avrà senso, sino a quando ognuna di noi, non avrà la possibilità di rappresentarsi a suo modo, di essere donna per come ha scelto di esserlo, di esserlo e basta. E di essere presa sul serio e di non dover ricorrere all’insopportabile espediente delle quote rosa, come fossimo animali in via di estinzione, perché vi diamo una notizia: non lo siamo affatto!».

Da noi in Italia viviamo questo tempo, come sospesi in preda ad un disturbo bipolare, in cui alterniamo momenti di gioia smodata e di fiducia per la dimostrata parità di genere sbandierata con orgoglio nel mondo della politica, al pianto disperato delle donne punite, diventate agli occhi dei carnefici, punibili per aver osato scegliere. Quelli della nostra generazione, conoscono la canzone di Edoardo Bennato: La Fata, che ho fatto ascoltare in questi giorni ai miei studenti. Bennato la scrisse negli anni ‘70 per raccontare la condizione femminile: «Quando inizia la caccia alle streghe, la strega sei tu!». E lo siamo state tutte, nessuna esclusa. Per un giorno, per un mese, per un tempo indefinito.

Allora, con fatica bisognerà ricordare che è ancora una parità del tutto parziale, mai completamente compiuta. Noi donne, che per natura, per nascita, abbiamo imparato ad esercitare la pazienza, sappiamo che arriverà il tempo, che sta arrivando il tempo. Giorgia mi scrive: «Mi fa rabbia pensare che il destino delle donne sia sempre stato in mano a maschi impauriti, dalla potenza innata delle donne, che non si evince solo nell’atto del procreare, ma nell’essere».

Che sia in salita, e ovunque diversa, la storia del cambio di passo delle donne, me lo ricorda una mia studentessa che arriva da altri luoghi. È una ragazza vivace, che a scuola indossa sempre il suo miglior sorriso e ha uno sguardo profondo e porta lunghe trecce nere e descrive di sé già il suo futuro, come se sapesse, con disincantata rassegnazione, che non avrà nessun altro modo di scriverlo. Non per cattiveria altrui, ma perché la famiglia saprà... scegliere la cosa giusta per lei. E quando lo sussurra, non so se per convincere me o se stessa, mi assale un terribile sentimento di impotenza, ingiustizia e insieme di ribellione che - lo ammetto - scorre sotto ogni centimetro della mia pelle e che avrebbe potuto fare di me, se fossi nata altrove, un’altra Mahsa Amini. Ma ciò che si compie lontano da noi, è solo più evidente, i nostri uomini hanno fatto finta di imparare la lezione e i loro comportamenti sono meno eloquenti, più sottesi, ma sanno essere della stessa violenza.

Oggi le donne, soprattutto le mie giovani donne, quelle che sono sedute tra i banchi di scuola, dovrebbero continuare a tenere a mente che tutto ciò che appare conquistato può andare perso, e che serve una vigilanza attiva per non fare neanche un passo indietro, per essere femmina, donna, ognuna a suo modo, con il proprio corpo, con il proprio linguaggio e con la propria testa. Perché sino a quando l’8 marzo e la Giornata anti-violenza del 25 novembre saranno ancora non solo memoria collettiva, ma momento necessario per recuperare le forze, beh, allora non avremo ancora intrapreso la discesa. Viva le donne, sempre!

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Mirella Carella

Diario di Classe

Biografia:

Nasce la collaborazione con la «Gazzetta» di Mirella Carella, che curerà la rubrica «Diario di classe», piccole e grandi storie quotidiane che nascono tra i banchi e nei cuori dei giovani. Mirella Carella, barese, ha lavorato nel mondo dell’arte partecipando a mostre in Italia e all’estero, alcune sue opere fanno parte di collezioni pubbliche e private. Dal 2015 è docente di ruolo in Disegno e Storia dell’Arte.

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