La lettera della studentessa di Nardò alla presidente della commissione dopo l’esame di maturità, sottoscritta anche da alcuni studenti - in cui ha lamentato il trattamento ricevuto definendolo un supplizio-, l’avrebbero potuta scrivere molti atri studenti di altre generazioni. E non solo durante l’esame orale di maturità. Non si tratta della necessità di correggere un errore o di valutare la preparazione degli studenti, ma del modo di relazionarsi con le persone che gli studenti sono, ricordandosi che il valore del rispetto della persona non può venire meno si tratta di uno studente ad una prova o ad un’interrogazione. Lo studente persona è un utente del servizio scuola. Ha avuto diritto ad un’istruzione e ad un’educazione e l’educatore e insegnante ha il dovere di interpretare quel ruolo elevandolo ad un compito che è più simile ad una missione che ad un lavoro pratico. Si tratta di risvegliare la bellezza del sapere e di valorizzare le persone anche se giovani, aiutandole e accompagnandole ad apprendere e a crescere. Difficile se non impossibile giudicare le sensazioni e le emozioni provate ed espresse dalla studentessa, poiché sono le sue. Non è possibile ridurre tutto all’uso di parole, alla legittimità del ruolo della dirigente, alle responsabilità della commissione sulla necessità di valutare la preparazione. Perché la sensazione di giudizio e di svalutazione subìte dalla candidata, possono essere passate anche attraverso sguardi altezzosi, atteggiamenti di distrazione mentre la studentessa era concentrata a esprimere il proprio discorso. In molti casi si verificano sorrisi fugaci tra colleghi, alzate di sopracciglio, respiri pesanti e insofferenti, sguardi giudicanti e sottolineature con interruzioni, volte a focalizzare sbagli, puntualizzare concetti, senza accogliere lo sforzo dello studente di completare il proprio sforzo, anche se limitato o imperfetto. Proviamo a immaginare cosa accadrebbe se al contrario, potessimo entrare in aula universitaria e porci in atteggiamento giudicante verso un relatore, o se potessimo sorridere mentre un chirurgo opera per qualche incertezza, timore o perdita della pazienza (cosa che accade) o, se dovessimo correggere e interrompere un avvocato durante un’udienza, facendolo sentire inadeguato o mettendo in discussione la sua preparazione. Significherebbe negare la possibilità di sbagliare e quindi di provarci. L’errore, l’inesattezza, non annullano la preparazione complessiva che merita rispetto e ascolto. Ed è proprio grazie a quest’ultimo, che le prestazioni dei professionisti, possono raggiungere livelli sempre migliori, perché sono la fiducia e la stima che suscitano motivazione al successo e premiano l’impegno, anche in presenza di errori, da cui è sempre possibile correggersi e imparare, ad ogni età ad ogni esame, in ogni commissione. Perché anche gli studenti non dovrebbero meritarlo?

Il caso degli esami di maturità in Italia
Nel Salento, una studentessa del liceo classico “Galileo Galilei” di Nardò ha deciso di rompere il silenzio. Dopo aver superato l’esame di maturità con un ottimo 98/100, Marina Duca ha pubblicato una lettera aperta in cui descrive l’orale come un'esperienza umiliante
Sabato 12 Luglio 2025, 20:20
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Un blog per saperne di più sul “SAPER VIVERE” di ogni giorno e sul decidere come comportarci, facendo chiarezza sulle parole e sui fatti, potendo avere un punto di vista utile per avere sempre più un’opinione personale su lavoro, scuola e famiglia. Ecco una serie di strumenti per poter comprendere gli eventi della vita e saperli gestire al meglio. Tutto questo è Agil@mente. A cura di Emanuela Megli, donna e due volte mamma, imprenditrice, Formatrice Coach di Soft Skills e scrittrice.
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