Cara Eleonora, sapeste quanto mi avete amato». «E voi.. sapeste quanto vi ho dimenticato». Era finita per sempre, ma così Gabriele D’Annunzio si dice abbia approcciato la sua musa Eleonora Duse, rivedendola dopo qualche tempo nel foyer di un teatro. E così, si narra, lei gli abbia risposto. Afflitta, ma non vinta, dal suo amore perduto...
Non vi è un solo indirizzo per chi si ama. Il viaggio si sceglie e si compie in due, che sia nei luoghi interiori ovvero del cuore, oppure in quelli reali e fisicamente raggiungibili, ritrovati magari dopo vagabondaggi appassionati e a volte “matti e disperatissimi”.. All’inizio del Novecento a tenere banco sulla scena, tra il celato voyeurismo dell’alta società ed il giudizio di moralismi più borghesi, furono due personalità di spicco che aumentarono in misura esponenziale la propria notorietà proprio grazie alla loro unione ed alla loro scapigliata follia: da un lato Eleonora Duse, la più celebrata tra le attrici drammatiche del momento; dall’altro il Vate Gabriele D’Annunzio, amante amato e disprezzato, vittima forse, ma soprattutto carnefice della “divina”.
Un amore fuori dal tempo e oltre il tempo, fatto di strappi e ricongiungimenti, ricco di colpi di scena e vissuto sotto gli occhi di tutti. Un amore che oggi si definirebbe “tossico”, che andava creando il mito di una coppia che sarebbe rimasta eterna nell’immaginario collettivo.
Ma loro, Eleonora e Gabriele, erano così.. Alti e bassi, luci ed ombre, amore ed odio, tempesta e quiete. In questa furiosa alternanza emotiva, potevano capitare periodi di relativa armonia. Ed era proprio in queste parentesi di grazia che i due si concedevano fughe romantiche anche nel vecchio Piemonte. Entrambi amavano la montagna, le passeggiate in alta quota e le vette che toccavano il cielo. Proprio nel Torinese si innamorarono di un albergo secolare che stava ormai diventando uno dei luoghi più chic del bel mondo, l’antico Camussot a Balme tra il Piemonte e la Savoia. Non era un caso che una coppia così “glamour” scegliesse questo hotel: a frequentarlo erano personaggi come il poeta Giosué Carducci e la regina d’Italia, Margherita di Savoia. Anche il tenore Francesco Tamagno si recava nello stesso hotel per godere dell’aria buona e rinforzare i polmoni; oppure Vittorio Emanuele III che, insieme alla sua corte, partiva dal Camussot per delle battute di caccia al camoscio nella valli del posto. A quanto riportano, ai tempi c’era anche la stanza austera e sobria dove soggiornava il cardinale Achille Ratti, diventato poi papa Pio XI.
Il Camussot oggi consta di cinque camere che contiene tra i 2 e i 4 posti letto, ognuna dedicata ad un personaggio illustre che ne è stato ospite negli anni d’oro.
Lo scenario non è cambiato: ci si può tuttora affacciare dai piani dello stabile in stile liberty per vedere gli stambecchi che saltano tra le rocce, o scendere una scalinata per poi perdersi nei vicoli del vecchio borgo. E ci piace pensare che anche la Duse e D’Annunzio abbiamo guardato da quelle finestre scene così, in un momento di pura armonia.