Classe, tecnica, ricerca musicale. Racchiudere un concerto di Tosca Donati in poche parole non è semplice, ma Taranto difficilmente dimenticherà la prima tappa del «Direzione Morabeza» tour, lo scorso sabato 18 luglio, in una piazza Castello trasformata in jazz club a cielo aperto. Il «Taranto Jazz Festival» è solo alla prima edizione, ma con una madrina così la partenza è stata eccellente: concerto più che sold out (oltre 250 biglietti staccati, tutti seduti ai tavolini con aperitivo incluso, per ricreare l’atmosfera da club), due ore di viaggio musicale intorno al mondo, che il prossimo inverno la cantante romana porterà davvero in giro per il globo (il tour che prende il nome dall’ultimo disco, «Morabeza», è stato rimandato di un anno per l’emergenza sanitaria).
La bravura di Tosca è indiscutibile: prende per mano il pubblico e lo porta nel suo universo, fatto di studio (tanto), commistioni, melodie in lingue diverse (francese, portoghese, arabo, romanesco). Non ha paura di collaborare con i colleghi e attingere da mondi differenti, come solo i grandi artisti sanno fare: cita Pessoa, propone una versione in italiano di «Amar Pelos Dois», canzone con cui Salvador Sobral fece vincere l’Eurovision Song Contest 2017 al Portogallo, nata anche grazie all’amicizia con la sorella Luisa Sobral; ricorda di quando, su richiesta, ha prestato la voce per «regalare» un brano a João Gilberto, perché «in Brasile si usa così».
Il valore aggiunto in «Direzione Morabeza», però, sono i quattro musicisti che accompagnano Tosca sul palco (tre sono donne): Giovanna Famulari, inossidabile polistrumentista (violoncello, pianoforte), talento inoppugnabile, grinta e raffinatezza, Massimo De Lorenzi, virtuoso della chitarra, e le due giovani sorelle Salvucci, Alessia e Fabia, percussioni e cori, la cui bravura è stata forgiata anche all’interno di Officina Pasolini, il laboratorio creativo che la stessa Tosca porta avanti a Roma per formare i futuri nomi della musica e dello spettacolo.
Una carriera lunga e ricca di successi quella della Donati: vinse Sanremo con Ron nel ‘96, la sua «Ho amato tutto», in gara all’ultimo Festival, ha incontrato il grande successo di pubblico, e in questo 2020 sta collezionando premi (due Targhe Tenco e un Nastro d’Argento come «Protagonista dell’anno» per il documentario «Il suono della voce», giusto per citare gli ultimi). Ma in lei è ancora viva quella curiosità che non la fa sentire «arrivata», che la spinge ad andare avanti alla ricerca di nuovi stimoli da portare sul palco. Palco su cui si lascia andare, suona il tamburello su pezzi a metà tra taranta e world music, invita il pubblico a ballare («sul posto, mi raccomando»), scherza quando per il bis intona il «Duetto buffo di due gatti» («Se c’è qualche purista della lirica, mi perdonerà»).
E quando, dopo il concerto, la fermiamo per due chiacchiere, l’umanità di Tosca viene fuori: «Rimandare il tour non è stato semplice - rivela - ci portiamo dietro l’ombra del fatto che non sappiamo come andrà». La stessa ombra la raccontano le mascherine nere con cui i musicisti salgono sul palco, e che tolgono alla prima canzone. Ma la musica, specie dal vivo, è magia, e ha il poter di portare il pubblico altrove per un paio d’ore: «E poi sembrava di stare al Blue Note sotto le stelle – confida Tosca citando lo storico tempio del jazz newyorkese – lunga vita al Taranto Jazz Festival, io tornerò di sicuro».