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La vita prima della pandemia

 
Lisa Ginzburg

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Lisa Ginzburg

La vita prima della pandemia

Parliamo ormai al passato: «Andavamo», «Era bello», «Dicevamo»... Ma ricucire il tempo e la memoria serve

Sabato 09 Aprile 2022, 10:44

Sento diverse persone intorno a me usare il tempo imperfetto per parlare della vita per come era prima della pandemia. «Andavamo», «facevamo», «ti ricordi come era bello quando…». Davvero il tempo si è così spezzato in due? Davvero c’è un prima e un dopo, e tra quel prima e dopo galleggiamo, nostalgici, smarriti?

Per tutti, o quasi tutti, l’esperienza del lockdown ha significato una cesura, una frattura del corso del tempo della vita. Cesura archiviata dal pensiero: zona della nostra memoria congelata, dove, come succede per i ricordi traumatici, ci soffermiamo di malavoglia con il pensiero, di rado e in maniera confusa.

Conosco pochissimi che abbiano memoria positiva dei mesi di isolamento; per tutti gli altri, la maggior parte di noi, viene piuttosto spontaneo rimuovere quel lungo momento di sospensione, di silenzio, di deserto.

Anziché usare l’imperfetto, e così volerci distanziare ancora di più da quei ricordi (sia individuali che collettivi) che restano comunque parte delle nostre vite, può essere benefico ancorarci al tempo, al suo fluire.

Tante cose per causa della pandemia sono cambiate e stanno cambiando; ma non c’è spezzatura, o quantomeno, bisogna impegnarsi perché il meno possibile si creino cesure nella nostra mente, nel nostro tempo. Come fosse una ferita i cui lembi vadano ricuciti, sforzarsi di ricomporla, quella spezzatura.

Evitare un congelamento del pensiero che conforma il trauma e ci fa stare male, che fa pensare a un «tempo di prima» così facendoci vivere in uno stato di malinconia sospesa. Torniamo allora quei ricordi: per quanto difficili, descriverli ci può aiutare. Scriveteli, scrivetemi le vostre immagini più forti e difficili del lockdown. Sarà importante costruire insieme un mosaico di memorie per ricucire la spezzatura del tempo.

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