In attesa delle quadrature dei conti, il bilancio del 2022 dell’export agroalimentare made in Italy dovrebe chiudersi con una cifra intorno ai 60 miliardi di euro. Dati, quelli diffusi da Ismea (l’Istituto di servizi per il mercato agricolo e alimentare), che fotografano quasi un raddoppio delle esportazioni di cibi e bevande tricolori negli ultimi 10 anni, passando dai 33,5 miliardi del 2013 ai 60 miliardi, appunto, del 2022. Un aumento al ritmo di quasi il 7% all’anno, a fronte di un incremento più contenuto delle esportazioni complessive (+5,4%), a conferma di come il settore rappresenti il traino. Persino nell’anno della pandemia, il 2020, è riuscito segnare un aumento di oltre il 3%, in controtendenza rispetto al resto dell’economia (-9,1% la contrazione dei flussi in uscita complessivi). Uno scenario in cui la Puglia assume un ruolo da protagonista: e non a caso, il Villaggiol Coldiretti che si apre oggi a Bari con la prevista partecipazione di diversi ministri, conferma questo importante trend della nostra regione.
Dei 24 comparti merceologici che compongono i flussi di scambio complessivi, appena sei di essi (bevande, derivati dei cereali, latte e derivati, preparazioni di ortaggi e frutta, frutta, e altre preparazioni alimentari) catturano più di due terzi del valore complessivo e pesano singolarmente più del 5% sulle esportazioni totali.
A crescere di più nel periodo 2017-21 sono stati: altre preparazioni alimentari, che comprendono salse, sughi, minestre e gelati (+9,1% medio annuo); derivati dei cereali (+7,8%); latte e derivati (+8,2%). Inferiore alla media è stata invece la crescita di frutta (+1,2%), ortaggi (+4,1%) derivati ortofrutticoli (+4,9%) e carni (+2,5%).
A un livello più disaggregato, nel Rapporto Ismea si analizza un gruppo di venti prodotti distintivi del made in Italy, che con quasi 28 miliardi di euro, rappresenta il 53% del valore totale dell’export agroalimentare nel 2021. I primi cinque in termini di valore sono vini in bottiglia, paste alimentari secche, tabacco lavorato, formaggi stagionati e prodotti della panetteria e pasticceria (specificamente rappresentati soprattutto dai dolci da ricorrenza e dalle pizze). Nel quinquennio si distinguono per i maggiori tassi di crescita, oltre al tabacco lavorato (+30%) - la cui forte crescita si deve a un accordo commerciale del 2016 tra il governo italiano e una multinazionale giapponese - cialde e cialdine (+16%) e paste alimentari farcite (+11%); ma anche formaggi grattugiati, formaggi freschi e latticini e prodotti della pasticceria e panetteria, con aumenti superiori al 9%.
I dati dell’ultimo biennio forniscono indicazioni interessanti e in parte inattese. Nel 2020, nonostante la chiusura quasi completa dei canali Horeca in tutto il mondo, le esportazioni di alcuni prodotti agroalimentari nazionali sono cresciute moltissimo rispetto all’anno precedente: le variazioni della pasta, del riso, delle passate di pomodoro e delle polpe, ma anche dell’olio e dei formaggi freschi, dimostrano che il consumo all’estero del cibo made in Italy non è solo legato alle occasioni speciali e ai pasti fuori casa, ma ormai fa parte delle abitudini quotidiane in molte aree del mondo. Più legate alle sorti dell’Horeca e alle occasioni conviviali, e quindi penalizzate nel 2020, sono state le esportazioni di vini in bottiglia, spumanti, formaggi stagionati, acque minerali, caffè e in misura minore i prodotti della panetteria e pasticceria, ma tutte nel 2021 hanno recuperato la perdita dell’anno precedente.
Anche nel 2022, pasta, formaggi freschi e grattugiati, pomodori pelati, polpe e passate, riso, caffè, acque minerali e spumanti sono tra i prodotti che registrano i maggiori aumenti delle esportazioni, con variazioni in valore comprese tra il +19,4% degli spumanti e il +38,4% della pasta, e variazioni positive anche delle quantità esportate.