Un software introvabile, ma costoso: un investimento di decine di migliaia di euro per ottenere crediti di imposta per milioni e milioni di euro. Ruota intorno a una fantomatica società scozzese la maxi inchiesta della procura di Taranto che da un anno sta contrastando un vero e proprio assalto alla diligenza. Oltre 30 imprenditori indagati, circa un centinaio di aziende sotto i riflettori e soprattutto un tesoro di oltre 400 milioni di euro di crediti di imposta bloccato grazie al lavoro dei finanzieri del Nucleo di Polizia Economico Finanziaria di Taranto e il coordinamento del procuratore aggiunto Enrico Bruschi.
Gli inquirenti tarantini, da maggio 2024 hanno infatti eseguito ben 7 decreti di sequestro di urgenza tutti convalidati dal giudice: l'ultimo è arrivato nei giorni scorsi a firma del gip Francesco Maccagnano. Indebita percezione di erogazioni pubbliche, evasione fiscale e false fatturazioni: sono le accuse contestate a vario titolo. Sotto la lente della magistratura sono finite come detto imprese di ogni tipo tutte accomunate da un unico elemento: l'acquisto di un software dalla «Global Services 2 Ltd», una società con sede a Glasgow e che, secondo gli accertamenti delle fiamme gialle, pur risultando attiva è classificata dalla banca dati “Orbis” come non operativa: l'impresa dal 2023 era amministrata da un 24enne di Roma e nell'ultimo bilancio ha dichiarato un patrimonio netto di appena 100 euro. Per il gip Maccagnano si tratta in realtà di «una scatola vuota» che attraverso l'intermediaria Innova Italia ha permesso a numerose imprese di far figurare investimenti tecnologici nelle cosiddette “Zes”, le “Zone economiche speciali” e ottenere in cambio crediti di imposta: questi ultimi, in sostanza, altro non sono che tasse che un’impresa non paga per compensazione o, peggio, valori che le imprese posso vendere ad altre imprese in cambio di denaro. Un sistema tanto semplice quanto efficace che senza l'intervento della magistratura avrebbe generato una vera e propria emorragia di fondi pubblici.
Nell'ultimo decreto di sequestro convalidato dal gip Maccagnano, inoltre, spunta anche il nome di Michele Cicala, tarantino ritenuto dal pm Milto De Nozza della Dda di Lecce a capo di un gruppo di stampo mafioso al momento sotto processo dinanzi al tribunale di Taranto: le imprese riconducibili a Cicala, per l'accusa avrebbero sostanzialmente simulato l'acquisto di software e ottenuto in cambio crediti di imposta.
Come detto si tratta del settimo decreto di sequestro in 12 mesi, ma la maxi inchiesta promette evidentemente di non fermarsi.