SAN MARZANO - Comincerà a febbraio il processo nei confronti del 42enne Massimiliano Papari e del 27enne Angelo D’Angela entrambi in carcere con l’accusa di omicidio del padre di quest’ultimo, che aprì il fuoco colpendo il genitore per errore, l’agricoltore 59enne Antonio D’Angela, morto l'8 dicembre 2023 a San Marzano a causa di una emorragia. Il giudice Fulvia Misserini ha accolto la richiesta di rinvio a giudizio del pm Francesco Ciardo che ha contestato ai due il reato di omicidio volontario anche se, come detto, la morte è avvenuta per errore durante una rissa che vedeva da un lato la vittima, il figlio Angelo e Papari e dall’altro Cosimo Damiano Lonoce e il figlio Giovanni.
Secondo le dichiarazioni rese da questi ultimi, e ritenute credibili dalla procura, il 27enne D’Angela ha tirato fuori la pistola e, durante quei momenti concitati, ha premuto il grilletto mirando proprio Cosimo Damiano Lonoce, ma colpendo per sbaglio il genitore. Una tesi che ha convintio, insieme con una serie di altri elementi, il pm Ciardo. I due imputati, difesi dagli avvocati Biagio e Antonio Leuzzi, Leonardo Lanucara e Mariangela Calò invece, hanno reso numerose versioni sempre diverse e in contrasto tra loro al punto da spingere la procura alla loro iscrizione nel registro degli indagati. Anche il gip Francesco Maccagnano aveva confermato la tesi del pm Ciardo: Angelo D’Angela voleva uccidere il rivale, ma per via della concitazione della rissa e del fatto di trovarsi a fronteggiare un soggetto che si trovava a bordo di una vettura, ha sparato in maniera maldestra all’indirizzo del padre. E così, sia D’Angela che Papari, ora dovranno difendersi dall’ipotesi di reato di omicidio volontario. Poco dopo la convalida dei due fermi i difensori si sono rivolti al Riesame sostenendo che nessuno ha mai utilizzato la pistola visto che l’arma è stata ritrovata nella giacca del defunto e, per la difesa, quel colpo era partito accidentalmente. Una tesi che per il momento i giudici hanno ritenuto infondata valutando come corretta l’ordinanza del gip Maccagnano.
Ora sarà la Corte d’assise a dover accertare la dinamica dei fatti e a decidere se la tesi più convincente è quella dell’accusa oppure quella della difesa.