Accesso a fondi pubblici con diplomi fasulli. Comincerà il via a dicembre nel tribunale di Bari, l’udienza preliminare nei confronti di 6 persone, tra cui 5 tarantini, indagate a vario titolo per falso, truffa e tentata truffa aggravata ai danni della Regione Puglia, accusate di aver ottenuto o tentato di accedere ai finanziamenti per centinaia di migliaia di euro, partecipando al bando indetto nel 2020 da Puglia Sviluppo, con falsi attestati e diplomi mai conseguiti, per accaparrarsi agevolazioni e prestiti a fondo perduto, destinate alle nuove imprese.
A finire dinanzi al gup del tribunale del capoluogo pugliese sono A.L., 27enne della provincia di Brindisi e A.T., tarantina di 56 anni, difesa dall’avvocato Adriano Minetola: entrambi indagati per il reato di truffa aggravata e falso. I due, secondo gli inquirenti, avrebbero utilizzato certificati e attestazioni scolastiche mai conseguite partecipare all’assegnazione, nell’aprile 2020, a sostegno della nascita di nuove imprese pugliesi. La donna ha così ottenuto circa 94mila euro di cui 54mila a fondo perduto per l'apertura di un centro estetico. L., invece, secondo l'accusa avrebbe utilizzato un falso diploma di maturità rilasciato da un istituto di Ceglie Messapica per accedere al programma di finanziamento e ottenere la somma di 95mila euro di cui 52mila a fondo perduto per l'apertura di un ristorante.
Nell'inchiesta, inoltre, è finito anche A.D.M., 50enne tarantino già coinvolto in passato in altre inchieste giudiziarie sugli incidenti falsi: nei suoi confronti la procura di Bari ha contestato il reato di falso perché in qualità di rappresentante legale di una società di disbrigo pratiche avrebbe fornito il falso diploma a L.
Tra gli imputati spuntano i nomi di altre tre tarantine. Si tratta di C.D.N, 45enne assistita dall’avvocato Adriano Minetola, e A.B., 25enne difesa dal legale Francesco Nevoli e la 44enne S.M. assistita dall'avvocato Gianvito Lillo.
Alle tre donne è contestato il reato di tentata truffa aggravata e falso: anche loro avrebbero utilizzato un finto diploma per partecipare al bando regionale senza tuttavia riuscire a ottenere quei finanziamenti perché escluse in sede di verifica. I titoli presentati dalle tre donne, sono stati infatti riconosciuti come fasulli nelle fasi di controllo dei requisiti e, per questo, le tre, non avrebbero portato a termine il raggiro. Un'esclusione che tuttavia non ha impedito che nei loro confronti si avviasse il procedimento penale per il tentativo di frode. A coordinare l’inchiesta è stato il sostituto procuratore della Repubblica di Bari Savina Toscani che a maggio scorso, al termine dell'avviso di conclusione delle indagini, ha presentato richiesta di rinvio a giudizio per i sei. Spetterà ora al giudice per le udienza preliminari giudice Alfredo Ferraro stabilire se prosciogliere gli imputati o se ci siano i presupposti per avviare un processo che dovrà fare piena luce sulle eventuali responsabilità.