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Ex Ilva: le banche non comprano i crediti, ora nel panico le aziende dell’indotto

 
maristella massari

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maristella massari

Ex Ilva: le banche non comprano i crediti ora nel panico le aziende dell’indotto

Giorni delicatissimi: non ci sono garanzie, la Sace si sfila. La Regione ultima speranza

Sabato 02 Marzo 2024, 11:58

12:01

BARI - Le banche non compreranno i crediti vantati dalle imprese dell’indotto nei confronti di Acciaierie d’Italia per mancanza di garanzie. Tutto da rifare, dunque, per le aziende della filiera ex Ilva che hanno maturato crediti per oltre 120 milioni di euro nei confronti di AdI. Un vero e proprio fulmine a ciel sereno che si è abbattuto ieri sugli imprenditori nel corso di un vertice coordinato dal capo ufficio legislativo del Mimit Giulio Veltri e alla quale era presente, tra gli altri, il commissario Giancarlo Quaranta. L’esito dell’incontro ha tolto ogni speranza alle imprese creditrici di poter essere ristorate tramite questa formula contenuta nel decreto legge «9/24» pur vantando esosi crediti da Acciaierie d’Italia spa ora dichiarata in stato di insolvenza.

All’incontro hanno partecipato, oltre al team di funzionari e tecnici del Mimit, anche i rappresentanti di Abi, Sace, banca Ifis, Assifact e naturalmente i rappresentanti dell’indotto (Aigi, Confindustria, Casartigiani, Cna, Confapi, Confartigianato e Federmanager).

Nessuna garanzia sul credito «pro-soluto», così la Sace che avrebbe dovuto acquisire i crediti si è sfilata dall’operazione. Ma cerchiamo di capire qualcosa di più. Letteralmente, «pro soluto» significa «a titolo di pagamento» e si riferisce a una tipologia specifica di cessione del credito. Nella cessione crediti «pro soluto», come nel caso delle somme maturate dall’indotto ex Ilva, le imprese dovrebbero trasferire il proprio credito ad un cessionario che lo fa a titolo gratuito e deve dare una sola garanzia: che il credito esista. Ed è proprio questo il punto. Senza garanzie, niente operazione perché per Sace quei crediti varrebbero zero. Le banche coinvolte, secondo quanto emerso dal vertice al Mimit, avrebbero dichiarato di non essere in grado di garantire l’operatività e che gli strumenti messi a disposizione del governo non sarebbero sufficienti. A quanto emerso, le banche avrebbero spiegato di non poter acquistare i crediti dell’indotto perché, pur essendo società private, sono sottoposte ai Comitati interni di controllo. Sace e Sace Factoring, al tavolo con il Mimit, avrebbero rimarcato il fatto che quei crediti allo stato attuale valgono zero, ragion per cui le società non si potranno sostituire alla prededucibilità delle imprese comprando il loro credito. Una brutta tegola sulla testa degli imprenditori tarantini dell’indotto, insomma.

L’unica speranza di recuperare - in parte - i crediti, è rappresentata dal provvedimento della Regione che è stato inserito nel decreto ex Ilva del governo. In sostanza, nel documento approvato qualche giorno fa dalla commissione Industria del Senato è stata accolta anche la richiesta della Regione Puglia di utilizzare avanzi di amministrazione per sostenere le imprese dell’indotto di Taranto. La norma specifica che le risorse svincolate «sono utilizzate per il finanziamento di misure di sostegno delle imprese di cui al presente articolo, nel rispetto della normativa europea in materia di aiuti di Stato». In particolare, la misura prevede che «in sede di approvazione del rendiconto dell’anno 2023 da parte dell’organo esecutivo, le Regioni sono autorizzate, previa comunicazione all'amministrazione che ha erogato le somme, allo svincolo di quote di avanzo vincolato di amministrazione derivanti da trasferimenti statali, riferite a interventi conclusi o già finanziati negli anni precedenti con risorse proprie, non gravate da obbligazioni sottostanti già contratte e con esclusione delle somme relative alle funzioni fondamentali e ai livelli essenziali delle prestazioni». Ciò che non è chiaro, al momento, è l’ammontare della somma a disposizione. Per le imprese lo stato di incertezza è totale e il futuro torna ad essere davvero una scura incognita.

«È grave che le parti non si siano accordate prima di convocare la call che si è conclusa con un nulla di fatto» ha dichiarato il presidente di Aigi Fabio Greco. «Eppure le responsabilità di questa grave situazione non sono astratte ma addirittura per il 38 per cento sono riconducibili alla parte pubblica che, insieme al socio di maggioranza Arcelor Mittal ha approvato i bilanci in attivo che ci hanno portato a questa situazione. Quello che continuiamo ad auspicare - ha aggiunto Greco - è la sottoscrizione di un protocollo d'intesa che possa definire le modalità per attuare la cessione dei crediti cosiddetti deteriorati. Da domani ci aspettiamo - conclude il presidente di Aigi - risposte sul pagamento dei nostri crediti, ma è evidente che siamo sacrificabili così come è sacrificabile il territorio di Taranto che è diventato solo terra di slogan e proclami».

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