TARANTO - Sicurezza della navigazione a protezione degli interessi nazionali, la Marina militare è già in prima linea nelle acque “calde” del canale di Suez con una nave tarantina.
In Mar Rosso, infatti, da qualche giorno sta operando la nave «Federico Martinengo», fregata multiruolo e multimissione che ha sostituito la gemella «Virginio Fasan» nell’ambito dell’attività nazionale di sorveglianza marittima nel Mar Rosso in prossimità dello stretto di Bab-el Mandeb. Il «Fasan», già impegnato nell’operazione «Mediterraneo Sicuro» dopo la crisi israelo-palestinese, era stato riposizionato nel Mar Rosso a fine dicembre su disposizione del ministro della Difesa, Guido Crosetto. Il Martinengo che l’ha avvicendato, è partito la scorsa settimana dalla base navale di Taranto, suo porto di appartenenza. La fregata aveva lasciato i bacini dell’Arsenale all’inizio del mese dopo un importante ciclo di manutenzione che l’aveva vista per circa 6 mesi ai lavori. L’unità navale è stata dislocata nell’area del Mar Rosso per assicurare vigilanza marittima, garantire la libertà delle rotte commerciali a protezione delle unità mercantili dopo gli attacchi da parte dei miliziani Houthi contro il traffico in navigazione nello stretto di Bab-el Mandeb, cruciale via di comunicazione marittima di accesso al Mar Mediterraneo.
La Marina oggi in Mar Rosso opera a supporto di «Atalanta», missione diplomatico-militare dell’Unione europea mirata a prevenire e reprimere gli atti di pirateria marittima. A breve l’Italia prenderà il comando internazionale dell’operazione, proprio nel momento in cui l’Unione europea si avvia a lanciare una delle più importanti operazioni congiunte della sua storia, con l’Italia sempre in prima fila. Una missione militare «forte», allargata e il più possibile partecipata nel Mar Rosso tempestato dagli attacchi degli Houthi. La proposta della missione navale sarà sul tavolo del Consiglio Affari Esteri di lunedì. Sono tre i Paesi che si stanno muovendo da attori protagonisti nell’organizzazione della nuova missione: Germania, Francia e appunto Italia.
Ma unità navali italiane partecipano anche ad «Emasoh Agenor», missione internazionale che pattuglia dal 2020 lo stretto di Hormuz, quello che separa la Penisola arabica dall’Iran a protezione dei traffici mercantili. L’intreccio tra la futura missione nel Mar Rosso - che probabilmente si chiamerà «Aspis» - e l’operazione «Agenor» è uno dei punti chiave per determinare il perimetro allargato della missione navale che l’Europa varerà per difendersi dagli Houthi e che potrebbe quindi comprendere la sorveglianza di un ampio tratto di mare che va dal Mar Rosso, passa per il golfo di Aden, e arriva proprio allo stretto di Hormuz. Sarà, come hanno puntualizzato più fonti europee e lo stesso Tajani, una missione di natura difensiva, a differenza dell’operazione «Prosperity Guardian» lanciata contro gli Houthi da Usa e Regno Unito, con la quale però l’Ue avrà una qualche forma di coordinamento. Il numero di Paesi che invierà navi da guerra non è ancora chiaro, mentre è certo che l’Italia sarà tra i partecipanti. E questo dimostra l’importanza di disporre di una Marina ben equipaggiata e dotata di mezzi moderni ed efficienti. Gli equipaggi delle unità militari italiane hanno grande familiarità con l’area del Mar Rosso in cui la Marina opera dai primi anni ‘80 anche e soprattutto con compiti di vigilanza a tutela della navigazione dei nostri mercantili e a protezione degli interessi commerciali dell’Italia. Per il vice premier e ministro degli Esteri Antonio Tajani «quello nel mar Rosso è un intervento militare a difesa delle navi mercantili italiane, c’è un crollo nel traffico mercantile, noi siamo un Paese esportatore e abbiamo il dovere di difendere le nostre navi. Non facciamo la guerra a nessuno ma difendere le nostre navi è un dovere della Repubblica e del governo».