TARANTO - Prenderà il via il prossimo 14 marzo il processo d'appello per il 42enne Vincenzo Balzo detto «lo sceriffo» e il 35enne Carmelo Nigro condannati all'ergastolo in primo grado per l'omicidio di Graziano Rotondo il 39enne di Palagianello ucciso il 16 dicembre 2020 in un bunker scavato sotto le palazzine di via Machiavelli al rione Tamburi.
Dopo il deposito delle motivazioni e i ricorsi degli avvocati Luigi Esposito, Salvatore Maggio, Clara Veneto e Gaetano Vitale, la corte d'assise d'appello ha fissato la prima udienza per il secondo grado di giudizio.
Nella sentenza i giudici del primo grado avevano spiegato che i due avevano ammazzato Rotondo perché volevano «vendicarsi» dei furti di droga che qualcuno aveva compiuto nella loro proprietà.
Nel verdetto la corte, presieduta dal giudice Giuseppe Licci e a latere Loredana Galasso, ha inoltre condannato a 20 anni il 25enne Giovanni Nigro ritenuto complice dei due imputati perché «svolgeva l'attività in favore di Carmelo e Balzo Vincenzo, come un dipendente che prestava la sua attività secondo gli ordini che riceveva» e quindi non è per lui applicabile, a differenza degli altri due, l'aggravante della crudeltà che ha fatto scattare il carcere a vita. Nelle 230 pagine si legge che Carmelo Nigro e Balzo avevano da subito maturato la volontà di eliminare Rotondo che quel pomeriggio si era intrufolato nel bunker per mettere le mani sugli stupefacenti. La vittima, però, aveva capito di essere stato scoperto e aveva chiesto telefonato al fratello che a sua volta aveva chiamato i poliziotti per chiedere aiuto: quando gli agenti della Squadra Mobile, diretti all’epoca dal vice questore Fulvio Manco, erano giunti sul luogo per il 39enne non c’era più nulla da fare.
La Corte ha ritenuto pienamente attendibile la ricostruzione fatta dal pubblico ministero Marzia Castiglia che ha coordinato le indagini dei poliziotti: «se loro non avessero voluto uccidere la vittima – si legge nella sentenza - sicuramente avrebbero chiamato i soccorsi e soprattutto non ci sarebbe stata proprio la necessità di scendere giù nel sotterraneo per inseguire la stessa, posto che avrebbero potuto attenderla fuori dalla botola». Non solo. «Il dato per cui gli stessi scendevano armati giù nel sotterraneo è sintomatico solo della volontà di uccidere e non si può spiegare in alcun altro modo». In quel sotterraneo, che attraversa ben tre palazzine dell’area popolare al rione Tamburi, c’era il tesoro di Balzo e Nigro: oltre la droga anche armi e munizioni.