TARANTO - Le dichiarazioni dei testimoni nel processo con i documenti depositati hanno fornito piena prova che nella prima tangentopoli che ha travolto la Marina militare gli ufficiali coinvolti commettevano reati di concussione e non di induzione indebita. È quanto sostiene il pubblico ministero Francesco Sansobrino nel suo ricorso contro la sentenza con la quale a febbraio scorso hanno condannato a sette anni di carcere gli ufficiali Attilio Vecchi e Marco Boccadamo, assolto Giovanni Caso e Giuseppe Coroneo e dichiarata la prescrizione di alcuni reati per Giovanni Cusmano, Alessandro Dore e Riccardo Di Donna.
In sostanza per il collegio composto dal presidente Elvia Di Roma e a latere i giudici Costanza Chiantini e Federica Furio, dalle testimonianze rese nel processo dagli imprenditori era emerso che le richieste di mazzette per evitare ritardi nella liquidazione delle fatture o l'esclusione dalle future gare d'appalto, «non assumevano mai la forma della minaccia esplicita, ma venivano presentate, piuttosto, come meri consigli». Gli imprenditori quindi non erano messi con le spalle al muro, ma avrebbero colto in questo sistema illecito un’opportunità di guadagno facile anche se costoso: questa schiera di imprenditori, scrivono i magistrati, «avevano maturato un rilevante grado di smaliziata esperienza nell'ambito dell'ambiente della Marina» al punto da farne una «importante fonte di occasioni di guadagno preferibile - e preferita - al mercato privato e ad altre amministrazioni pubbliche, tanto da assicurarsi nel tempo il pervicace mantenimento, e talvolta accrescimento, dei pregressi e duraturi rapporti negoziali con Maricommi, cercando di impedire l'accesso a nuovi operatori economici».
Per il pm Sansobrino, però, le cose stanno diversamente: secondo il magistrato inquirente, infatti, l'esito a cui è giunto il collegio «sembra essere anche contraddittorio» rispetto alle prove maturate nel processo da cui sono emerse «le concrete e terribili conseguenze economiche» che sono derivate a chi si rifiutava di pagare. Non solo. Il magistrato inquirente, che ha ereditato il fascicolo dopo l'elezione al Consiglio Superiore della Magistratura dell'ex procuratore aggiunto Maurizio Carbone, ha parlato di «un vero e proprio scenario di “concussione ambientale”» in cui nonostante l'avvicendamento negli anni di vari ufficiali nei ruoli di comando, gli imprenditori erano costretti ad assecondare le richieste illecite dei pubblici ufficiali per poter continuare a lavorare. Una tesi che la Cassazione ha confermato per la posizione di Roberto La Gioia, ex comandante del IV Reparto di Maricommi che primo fu arrestato dai carabinieri e che svelò l'esistenza del sistema agli investigatori. Nei suoi confronti dopo la condanna in primo grado per concussione, la Corte d'appello aveva riqualificato in induzione indebita, ma la Suprema Corte aveva ribaltato nuovamente il verdetto stabilendo che si trattava di concussione. La procura, quindi, ora chiede ai giudici di secondo grado di riformare la sentenza che modificherebbe anche la posizione degli ufficiali per cui è stata dichiarata la prescrizione.
















