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Ex Ilva, le parole di mons. Santoro: «La fabbrica non è ancora ecocompatibile»

 
Redazione online

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vescovo di Taranto Filippo Santoro

Le parole nel corso dell'omelia della solenne concelebrazione eucaristica di ringraziamento per il suo ministero episcopale svolto a Taranto dal 2012 al 2023

Venerdì 08 Settembre 2023, 20:08

TARANTO - «Sono stati anni di impegno e speranza. Impegno perché l’economia della città potesse finalmente emanciparsi dalla monocoltura industriale, e di speranza perché anche alla nostra città fosse garantito il diritto a un ambiente sano. Abbiamo raggiunto gli obiettivi che ci eravamo preposti? Non sarei onesto se cedessi all’ottimismo. No, non li abbiamo raggiunti: nonostante i passi avanti, il siderurgico non è ancora una fabbrica ecocompatibile». Lo ha detto mons. Filippo Santoro, arcivescovo emerito di Taranto nell’omelia della solenne concelebrazione eucaristica di ringraziamento per il suo ministero episcopale svolto a Taranto dal 2012 al 2023, che si è svolta nella Cattedrale di San Cataldo. Ha assistito alla celebrazione l’arcivescovo Ciro Miniero che inizierà il suo ministero tarantino il prossimo primo ottobre.

«Mi sono stati dati incarichi - ha ricordato Santoro - nella Conferenza Episcopale Italiana ponendo anche Taranto al centro della tematica ambientale e lavorativa d’Italia. Non potevamo tacere circa l’intollerabile contrapposizione tra il diritto alla salute e quello al lavoro in tutta la sua drammaticità». I numeri «degli ammalati, quelli - ha sostenuto l’arcivescovo emerito - della mortalità, continuano a parlare a questa terra del sacrificio pagato; i numeri dei cassintegrati e dei disoccupati ancora oggi denunciano la svendita di un popolo in nome del profitto. Tutto è stato vano? No, assolutamente».

Secondo mons. Santoro «il processo di ri-conversione è avviato: è un processo passionale di pazienza e di cura. Il Signore ce ne parla tramite la parabola del fico che non metteva frutti e di fronte alla sua infruttuosità il suo padrone decide di sradicarlo. Il contadino chiede pazienza al padrone, promette di prendersene cura, di stare ad esso vicino. La conversione infatti inaugura un tempo di misericordia, un tempo necessario perché il cuore torni ad appartenere a Dio, perché il fico riemetta i suoi germogli. Taranto - ha concluso il presule - è il fico, i tarantini i contadini: occorre fede per perseverare nella cura e nella pazienza quale viatico indispensabile perché si porti frutto, perché anche quel fico si converta e torni alla sua vera vocazione».

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