Nella decisione degli imprenditori di pagare le tangenti all’ex comandante del IV Reparto di Maricommi Roberto La Gioia ha prevalso non la prospettiva delle conseguenze positive come la possibilità di ottenere in futuro nuovi appalti, ma il timore di quelle negative minacciate cioè la mancata liquidazione delle fatture che avrebbe causato una crisi immediata nella vita dell’azienda.
È quanto scrive la Corte di Cassazione nella motivazione della sentenza con la quale a ottobre 2022 ha dichiarato l’ex ufficiale della Marina Militare colpevole di concussione: la Suprema Corte aveva ribaltato la sentenza di appello nei confronti dell’ex militare. Il lungo iter processuale aveva visto inizialmente La Gioia condannato in primo grado dal tribunale di Taranto a 8 anni per concussione, ma la Corte d’appello di Taranto, accogliendo i ricorsi degli avvocati Andrea Silvestre e Gianpiero Iaia, aveva ridotto significativamente la pena e affermato che in realtà si trattava di induzione indebita a dare o premettere utilità. Per la Cassazione, invece, è corretta la sentenza emessa in primo grado e quindi ha riconosciuto La Gioia colpevole di concussione, come sostenuto fin dall’iniziato dal pm Maurizio Carbone oggi consigliere del Consiglio Superiore della Magistratura, e ha così disposto un nuovo processo d’appello che dovrà esclusivamente quantificare la pena nei confronti dell’ex militare.
Le ragioni di quest’ultimo ribaltone sono contenute nelle 13 pagine depositate nelle scorse settimane. «Le condotte accertate – ha scritto la Suprema Corte - devono, dunque, essere qualificate come delitti di concussione, in quanto la minaccia del pubblico ufficiale è intervenuta esclusivamente nel momento adempitivo di un contratto di appalto già assegnato ed eseguito dal privato ed era volta a ottenere un'indebita remunerazione per erogare, in favore degli imprenditori che avevano eseguito le prestazioni contrattualmente previste, il pagamento del corrispettivo dovuto».
In sostanza per i magistrati del Palazzaccio, quella compiuta da La Gioia non è «minaccia-offerta», ma una «minaccia pura» dato che «gli imprenditori si sono determinati al versamento delle tangenti non per assicurarsi conseguenze favorevoli rispetto a quelle che gli deriverebbero dalla legge, ma per evitare solo un danno ingiusto». Insomma come sostenuto dal tribunale in primo grado, gli imprenditori dell’indotto tarantino sarebbero stati messi «con le spalle al muro» e «costretti a pagare una somma indebita di danaro, senza ritrarne alcun vantaggio o interesse indebito, ma solo per ottenere il soddisfacimento di un loro diritto e, dunque, evitare un danno ingiusto».
Dopo il suo arresto, La Gioia aveva fornito una serie di dichiarazioni che avevano portato all’arresto di altri militari che a differenza di La Gioia - che aveva scelto di essere giudicato con rito abbreviato - hanno optato per un processo ordinario.
Nei loro confronti la sentenza di primo è giunta lo scorso 9 febbraio: il collegio di giudici, in questo caso, ha condannato solo due imputati riconoscendoli colpevoli di induzione indebita e non di concussione. Il collegio ha infatti ritenuto che in quei casi non ci fosse concussione, ma induzione indebita a dare o promettere utilità e inflitto 7 anni di carcere a due militari. Per gli altri cinque imputati i magistrati hanno invece dichiarato l’assoluzione per alcune accuse e l’intervenuta prescrizione per altre.