BARI - Ha iniziato a raccontare la sua vita in Corea del Sud per caso, su TikTok, tra la noia delle ore passate a casa da sola e la voglia di confrontarsi e parlare in italiano con la gente del suo paese natale. Poi, tra un matrimonio e una figlia nel mezzo, i vlog e le dirette sul suo profilo "Una Barese in Corea" le hanno fruttato 61mila follower. Un successo per lei inaspettato. Ma i social sono solo una parte della vita di Gunhild, una 22enne di Bari che ha preso il volo dall'altra parte del mondo. Prima per passione, poi per amore. Gunhild (a dispetto del nome tedesco, che ha preso dalla nonna, è pugliese doc) non racconta solo il suo essere mamma e moglie: ci sono anche le passioni e i sogni di una ragazza come tante, che sta costruendo il suo futuro a migliaia di chilometri di distanza.
Gunhild, la tua avventura è iniziata soltanto pochi anni fa grazie alla tua passione per la Corea...
Tutto è cominciato nel 2021. Frequentavo l'ultimo anno delle superiori, mi sono diplomata nel periodo delle lezioni ancora in dad. Ho iniziato a interessarmi alla cultura della Corea del Sud durante il Covid e da lì è nata in me la voglia di scoprire tutto di questo paese. Così ho deciso di seguire dei corsi online. Prima ho avuto un insegnante, poi ho sentito il bisogno di fare pratica con la lingua, con cui parlare ed esercitarmi. Così ho trovato mio marito, Min Yang, tramite un'applicazione. Io intanto avevo già deciso di partire per la Corea per trascorrere lì le mie ferie e ne ho approfittato per incontrarlo. È stato un colpo di fulmine.
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Le cose sono andate molto veloci tra voi?
Sì, la situazione l'ha imposto. Lui è venuto in Italia in due occasioni, io sono andata in Corea per tre volte e la terza volta è stata quella in cui mi sono trasferita definitivamente. Poi a settembre dell'anno scorso ho scoperto di essere incinta. Eravamo sicuri l'uno dell'altro e avevamo una stabilità economica, quindi abbiamo deciso di portare avanti la gravidanza. Ci siamo sposati con una cerimonia molto semplice, però l'anno prossimo abbiamo intenzione di fare un ricevimento vero e proprio, magari due feste, una in Corea e l'altra in Italia.
È stato difficile trasferirsi?
Prima di arrivare in Corea lavoravo a Bari nella ristorazione, facevo anche doppi turni. Inizialmente non potevo lavorare in Corea perché per avere un visto lavorativo serve un conto in banca non indifferente. Quindi, appena giunta lì, usavo il visto turistico che mi imponeva di tornare a casa ogni tre mesi. Adesso vivo qui grazie al visto matrimoniale [la cittadinanza può essere richiesta solo dopo aver vissuto almeno cinque anni in Corea, NdR]. Per certi versi è stato difficile anche perché c'è molta rigidità qui nei confronti delle coppie miste.
La tua famiglia come l'ha presa?
I miei genitori l'hanno presa bene tutto sommato. Hanno conosciuto mio marito e sanno che è una persona buona. Quando ho partorito, mia madre è stata un mese in Corea e si è tranquillizzata. I miei suoceri, invece, all'inizio credevano che la nostra storia fosse solo una cosa passeggera, soprattutto perché io sono molto più giovane di Min, abbiamo nove anni di differenza. Suo padre poi aveva degli stereotipi sugli stranieri. Oggi invece abbiamo un bellissimo rapporto, chiamano il figlio solo per sapere di me. Nonostante la differenza culturale, non ci sono problemi tra noi.
Ci sono molti cliché sui coreani o gli asiatici in generale. Si crede spesso che come società siano più chiusi di mente o le donne non siano libere, invece mio marito rispetta me e la mia giovane età e mi lascia libera di fare ciò che voglio. Mi aiuta molto. Situazioni di stampo patriarcale ne ho viste di più in Italia.
Cosa ha in serbo per te il futuro?
Per adesso mi prendo cura di mia figlia. Poi, non appena andrà all'asilo nido, certamente voglio lavorare, lo Stato qui aiuta molto le giovani madri, soprattutto perché c'è stato un calo demografico importante. Potrò seguire delle lezioni di lingua coreana gratuitamente per poter essere inserita nel mondo del lavoro, e poi dei corsi professionali. Non so ancora di preciso cosa mi piacerebbe fare, però ho delle passioni come l'estetica e il make-up.
Sei stata in grado invece di farti una cerchia tua personale di amici in Corea?
Questo è stato un po' più complicato. Il limite è la lingua, i coreani non parlano benissimo l'inglese. Un po' come l'italiano medio. Devo ancora crearmi una vita mia qui, ma quando inizierò a lavorare sarà più facile.
Però ci sono i social a farti compagnia, in un certo senso.
Sì, la mia attività è iniziata per caso. All'inizio passavo tanto tempo da sola in Corea, così ho iniziato a fare le dirette per confrontarmi con le persone, parlare in italiano, raccontare le mie passioni...Sinceramente non me l'aspettavo. Non ci guadagno quasi niente dall'attività sui social, se non grazie a qualche collaborazione, per me non è un vero e proprio lavoro. Forse piaccio perché sui social mi mostra per quella che sono, autentica e senza filtri.
C'è qualcosa che non ti piace della Corea? E qualcosa che invece c'è lì e in Italia non esiste?
Sì, l'eccessivo nonnismo. Una persona più grande avrà sempre la meglio. Adoro invece i convenience store, delle piccole attività aperte 24 ore, 7 giorni su 7, dove trovi praticamente di tutto.
Cosa trasmetterai a tua figlia delle tue origini pugliesi?
L'importanza degli affetti famigliari, il calore umano.