«Sono uno spirito libero». Il titolo del nuovo singolo del cantautore romano Sergio Caputo (quello del noto Sabato italiano), sembra quasi un manifesto di ciò che è realmente in questo momento, o forse lo è sempre stato. Contestualmente alla novità discografica, Caputo sta girando l’Italia a suon di sold out con il suo tour «Un sabato italiano 40 Show», che celebra gli anni passati da quello straordinario album d’esordio (per la verità ad aprile saranno 41) che ancora oggi tutti ricordiamo con il suo pop d’autore condito di jazz, swing e ritmi caraibici. Con il trio pop-jazz, con Fabiola Torresi (basso e voce) e Alessandro Marzi (batteria, voce e pianoforte), cuore della sua big band, Caputo sarà protagonista in Puglia di tre concerti: stasera, giovedì 25 alle 21, al Teatro Verdi di Martina Franca, domani, venerdì 26 alle 21 al Teatro Orfeo di Taranto e sabato 27 alle 21 al Teatro del Fuoco a Foggia. Con l’album Un sabato italiano, tra pop e jazz, il cantautore romano (le sue origini sono pugliesi, suo padre è nato a Galatone) ha costruito da allora un suo stile e un linguaggio personali, ancora inimitabili, attraverso brani dal successo intramontabile, anche tra il pubblico più giovane, che sono diventati dei classici della musica italiana. Anche i suoi testi li ha sempre conditi di ironia e surrealismo tanto che le sue canzoni, lanciate prevalentemente negli Anni ‘80, sono sempre attuali. Oggi le sue parole, infatti, vengono proposti agli studenti di varie università italiane e straniere come esempio di poesia contemporanea italiana. Non meno importante dal punto di vista artistico, è stato la sua permanenza di oltre 10 anni in California suonando smooth jazz. Recentemente Caputo ha ricevuto il prestigioso Premio Lamezia.
Caputo, perché questa sua voglia di affermare uno spirito libero?
«Di solito la gente tende a mettere gli altri in una scatola, cioè in qualche maniera vieni catalogato perché vai a rompere un equilibrio. Lo spirito libero non si fa condizionare dalle retoriche che, soprattutto oggi, viaggiano sulla rete. Ognuno pensa con la propria testa ed io sono quello che si è sempre ribellato alle imposizioni facendo sempre quello che mi girava in testa».
Cosa racconta in questo concerto che sta ottenendo sold out dappertutto?
«È un contenitore che si basa su tutti i pezzi dell’album Un sabato italiano, ma anche altri come “Garibaldi innamorato”, “L’astronave che arriva”, “T’ho incontrata domani”, “Mercy bocu” e tante altre. Penso che questo show resterà nel tempo perché lo porteremo in giro tutte le volte che lo chiederanno i teatri».
Si sente anche un po’ di jazz?
«Eccome. Con il trio, rispetto al concerto con la big band, c’è molta più jazz e improvvisazione. Siamo slegati dalle partiture, quindi possiamo spaziare aggiungendo o togliere quello che ci viene al momento».
Si avvicina Sanremo, dove lei ha partecipato tre volte. Ci tornerebbe?
«Tornerei volentieri anche perché è rimasta l’unica manifestazione musicala in Italia. C’è, infatti, la tendenza a pensare che la musica di Sanremo sia l’unica in Italia, invece non è così. Al contrario, qualche anno fa c’erano molti programmi televisivi che proponevano tanta musica, penso a Mister Fantasy, Doc e altri. Adesso non c’è quasi più in televisione ed è ridotta i sottofondi».