Giovedì 23 Ottobre 2025 | 05:16

Ex Ilva e qualità della vita, la trasformazione fondamentale per risalire quella classifica

Ex Ilva e qualità della vita, la trasformazione fondamentale per risalire quella classifica

 
giuse alemanno

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giuse alemanno

Ex Ilva e qualità della vita, la trasformazione fondamentale per risalire quella classifica

Taranto - e il suo territorio - è in ostaggio, da anni, di un manipolo di soggetti dalle notevolissime e violente capacità economiche, capaci di asservire uomini, istituzioni e regole a proprio vantaggio

Domenica 03 Agosto 2025, 10:00

Tra forni elettrici e altiforni la differenza salta agli occhi: i forni elettrici hanno tempi fissi, prestabiliti; gli altiforni no. Il numero di colate ottenibili dagli altiforni è elastico, in quanto dipendente dal tempo di attesa tra una colata e l’altra. Nell’ex Ilva, all’epoca dei record di produzione, questo tempo era minimo. Terribili le conseguenze ambientali relative a questo mancato rispetto del periodo di refrattarietà. Depauperanti le conseguenze strutturali sulla fabbrica. Scintillanti quelle economiche per un ristrettissimo numero di privilegiati. Tale massa di denaro a favore di pochi ha indebolito ogni tutela pubblica - tanto sociale, quanto sanitaria – e posto a rischio continuo l’incolumità psicofisica di migliaia di lavoratori dell’acciaieria. L’ex Ilva, così, è diventata uno sferragliante feticcio dedicato alla cupidigia cannibale, una entità lovecraftiana angosciante, inconoscibile e mortale.

I forni elettrici, con la loro tecnologia stringente, potranno essere strumento di salvezza ma, di certo, per vincere certe prerogative perniciose serviranno anche risorse umane diverse da quelle inquinate da una carbonifera e selvaggia fame di soldi.

Taranto - e il suo territorio - è in ostaggio, da anni, di un manipolo di soggetti dalle notevolissime e violente capacità economiche, capaci di asservire uomini, istituzioni e regole a proprio vantaggio. Tenere bloccato ad un modello antistorico la forma di produzione di acciaio dell’ex Ilva ne è una prova. Altre ce ne sono. Basterebbe ricordare i decreti governativi detti salva Ilva o certe originalità giudiziarie. Decarbonizzare la produzione di acciaio dell’ex Ilva di Taranto è da considerarsi un successo; la capacità del sindaco Bitetti, appena eletto, di tenere insieme e unita la maggioranza in Consiglio Comunale, nonostante i suoi ripetuti «no» alle tentazioni governative, ha del miracoloso. Il ricorso al machiavellismo delle dimissioni passeggere deve essere stato un escamotage estremo, figlio di una situazione che sembrava senza vie d’uscita. Se la politica è l’arte del possibile, il sindaco Bitetti ha messo nel campo delle eventualità anche la fine del suo mandato elettorale pur di portare in dote ai tarantini un risultato auspicabilmente vero a favore della trasformazione dell’ex Ilva.

Per Taranto – e il suo territorio – servirebbe anche un ristoro, dopo tanto patire. La storia offre esempi, in questo senso. In Inghilterra, ai tempi della regina Elisabetta, il piano Beveridge innalzò il livello di vita degli ultimi. A dar retta alle tabelle che, ogni anno, pongono Taranto ai posti finali della classifica relativa alla qualità della vita delle città italiane, le provvidenze sullo Jonio non sarebbero usurpate. La trasformazione del modello di produzione può togliere risorse agli squali dell’acciaio. Sarebbe un primo passo, indispensabile, per risalire quella classifica.

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