Da Andromaca, mater dolorosa che piange il crudele destino del figlio Astianatte, alla mater pietosa di Ungaretti che invoca il perdono di Dio non per se stessa, ma per il figlio. Non c’è letteratura di tutti i tempi che non abbia cantato e celebrato la figura per eccellenza – la madre – e, con lei, il sentimento incontrovertibile per definizione. E oggi, 11 maggio, festa della mamma, che un sottile momento di riflessione permei questa ricorrenza, anche alla luce di quei cambiamenti che hanno modificato, nel tempo e nella società, ruoli e assetti. “Dalle sorridenti miss del dopoguerra” secondo il noto refrain di “Viva la mamma” di Bennato ne è passata di acqua sotto i ponti, come anche una certa filmografia d’antan, Happy Days in testa, ci ricorda. Come dimenticare, infatti, la mitica signora Cunningham, la madre chiamata ad avere la meglio su figli e problemi. Che sembrano così tanto sfumati, oggi, alla luce di una evoluzione di costumi che sa quasi di epocale. Le madri di questi tempi sorridono di meno, si dibattono di più: raramente si lasciano chiudere nel cliché della donna che sforna dolci ma, al contrario, sono chiamate a rivestire più ruoli allo stesso tempo. Mogli, lavoratrici, madri. Tutte in una, a ogni ora, e alle prese con figli di tanto cambiati rispetto alla generazione immediatamente precedente. Se alla signora Cunningham bastava qualche sorriso per tirar fuori un figlio da qualche crisi, per lo più leggera e passeggera, ora tale battaglia sembra tutta in salita. Aspettare figli ancora minorenni che tornano a casa a notte fonda; avere la meglio sui social; combattere affinché non si lascino prendere dalle mode del momento, da quelle apparentemente innocue a quelle socialmente pericolose, bullismo in testa, che sta toccando anche le ragazzine. Impensabile fino a pochi anni fa. Bisognerebbe fare un monumento alle madri. Per la pazienza e per il coraggio che dimostrano scegliendo di rivestire ancora oggi un ruolo così scomodo, difficile e di gran lunga modificato rispetto al passato. Ma resta ancora, a dispetto dei cambiamenti, una missione bellissima, perché non c’è cordone ombelicale che tenga. Nulla si spezza quando una madre mette al mondo un figlio. Al contrario, qualcosa si lega per sempre. “Nella carne e nel sangue di ognuno rugge la madre”, scriveva Pavese. Ciò a dire del ruolo assoluto e simbolico che ogni madre ha; lei che, in una sorta di condizione eterna, quasi mitica, dà vita e orienta ciascuno di noi.

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Domenica 11 Maggio 2025, 09:34