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Biblioteca «Stigliani» per chi suona la campana

 
Mariateresa Cascino

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Mariateresa Cascino

Biblioteca «Stigliani» per chi suona la campana

Il destino dell’istituzione decisivo per Matera

Domenica 28 Gennaio 2024, 12:09

Appartenenza, partecipazione, fiducia. Comunità, alleanze, benessere. Mi risuona ancora nelle orecchie il rintocco del gong della biblioteca DoKK1 di Aarhus, Capitale Europea della Cultura 2017, che tra i libri rompeva il silenzio in modo iconico, in mezzo a persone di tutte le età, per annunciare che nel vicino ospedale veniva al mondo un bambino. Rintocchi che continuano a propagarsi da una campana tubolare di bronzo, la più grande sul pianeta, e che oggi, mentre la nostra biblioteca Stigliani vive uno dei momenti più bui della storia, riecheggiano ancora più forti. Concepite come infrastrutture necessarie al pari di ospedali, scuole, servizi civici, le biblioteche producono benessere, abbattono le disuguaglianze e favoriscono l’accesso libero e gratuito alla cultura. Mentre siamo sempre più imbambolati davanti a TV accese che spengono cervelli, dipendenti dallo scrolling continuo sui nostri smartphone, l’analfabetismo funzionale incalza e la dispersione scolastica amplifica le disuguaglianze socio-culturali. Quanto può essere difficile sedersi attorno a un tavolo per ripensare norme e regolamenti, avviare partnership con Università e istituzioni, sperimentare nuovi prototipi e modelli di gestione, avviare processi partecipativi per concertare nuovi spazi, funzioni, servizi nelle biblioteche? Oltre alle risorse pubbliche distratte, dove sono le capacità politiche e manageriali nell’ecosistema da cui si dovrebbero generare welfare culturale e sociale con politiche pubbliche adeguate? La biblioteca che muore è sintomo di una città malata che si spegne. Invece si accende l’urgenza di trascorrere più tempo in biblioteca, soprattutto per chi ha responsabilità di governo, non solo per studiare di più, ma per imparare a generare nuovi modelli collaborativi per la cura della città e dei suoi abitanti.Per non restare al buio come ciechi che pur vedendo non vedono, per dirla con Saramago, dovremmo proporre l’adozione di strumenti del design thinking, pratica di co-creazione profondamente empatica che aiuterebbe, attraverso il coinvolgimento degli utenti, a rispondere alla domanda di futuro aiutando anche i bibliotecari a essere agenti di cambiamento. Oggi, si fa sempre più strada l’idea che le biblioteche possano diventare luoghi di socialità per incontri legati alle arti, per laboratori dedicati al cibo, al giardinaggio e ai bambini, con servizi di assistenza per anziani. Dovremmo convincerci che esse non sono solo stanze che contengono libri, ma luoghi di democrazia e cittadinanza consapevole dove costruire nuove alleanze necessarie a sanare le fratture sociali e culturali per creare benessere. Magari creando la Casa della Cultura con le associazioni di promozione sociale e culturale e le fondazioni del territorio. Gong!

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