«In quest’ora della sera, da questo punto del mondo, ringraziare desidero il divino labirinto delle cause e degli effetti, per la diversità delle creature che compongono questo universo singolare». Sono i potenti versi poetici di Mariangela Gualtieri, recitati a Casa Cava nell’edizione di Materadio 2015, che vengono in mente attraversando con lo sguardo il canyon della terra e l’altopiano della Murgia. Matera “Città Natura”, espressione coniata dal compianto amico architetto Armando Sichenze, invade gli occhi e con tutta la sua potenza scatena un sentimento di gratitudine. Emerge la consapevolezza del privilegio di vivere in una città tra le più uniche sul pianeta, la stessa che ha generato e dato impulso alla scelta di tornare a starci con la voglia di portarci il mondo per mostrarla e viverla in tutta la sua magnificenza.
Praticare la gratitudine, benché la ruvidezza del tufo e dei suoi abitanti graffi e opacizzi la realtà, aiuta a vedere le cose con una prospettiva rigenerante. Dunque ringraziare desidero Matera, per gli arcani secolari di grande valore che si intravedono attraversando la natura della Gravina e delle Murge, principi costanti di nuova vita; per l’energia che l’attraversa e il magnetismo che sprigiona. Per la raccolta delle acque, i giardini di pietra e la biodiversità che ci circondano; per l’architettura naturale e i vicinati che hanno porte aperte come bocche che comunicano senza offrire spalle mute come i casermoni di città; per le fragilità del suo microcosmo ambientale e naturale da tutelare e curare con sapienza e rispetto; per la sua anima acquatica, i suoi fossili di conchiglie, balene e piante e i canti dei falchi grillai migratori che cadenzano le stagioni attraversando i cieli. Ringraziare desidero la città per il suo futuro antico, per gli avi che hanno scavato così le viscere della terra e per chi ci ha portato a brillare nello spazio e ad osservarla da qui.
Per riproporre genuini valori di paese, quelli che ti fanno sentire sempre più persona e meno individuo; per la sua accoglienza e la sua umanità aumentata, che portano la gente a ritornare e a rimanerci finché si può, ogni volta che si può. Per noi che l’amiamo in modo incondizionato, ma poi l’odiamo per il gretto pensiero che corrode e limita la visione di futuro; per il grano, il pane e la focaccia di Paoluccio; per la Festa della Bruna che porta in sé devozione e distruzione, come la natura femminile sacra e ciclica insegna. Ringraziare desidero la città Unesco, che celebra i suoi 30 anni nel patrimonio dell’Umanità; per essere città donna, dal grembo cavo e fecondo, con il coraggio di sperimentare, emergere e fallire, dandoci la consapevolezza che merita di più.