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Siamo nel mese di agosto, siamo nel tempo dei «ritornati»

 
Giuse Alemanno

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Giuse Alemanno

Siamo nel mese di agosto, siamo nel tempo dei «ritornati»

Rivedono la loro casa per le ferie ma si portano appresso consuetudini e linguaggi d'altre latitudini che cozzano con quelli del luogo d'origine

Domenica 06 Agosto 2023, 12:02

Una delle più oscure tradizioni estive meridionali riguarda i «ritornati»

I «ritornati» sono coloro che, per mille motivi, vivono tutto l’anno fuori dalle mura natie e poi «ritornano» a casa per le ferie, portandosi appresso, però, consuetudini e linguaggi conseguiti in altre latitudini che, ahimè, aspramente cozzano con quelli del luogo originario. Se queste novità, poi, sono declinate attraverso il sempre più invasivo lessico anglosassone, siamo al paradosso.

Così si sentirà parlare di una visita a casa di my cousin, al posto di un più verace a ddò cursupìnama; di cene alle 19.00, mentre dalle parti nostre prima delle 22.00 nemmeno si pensa di aprire una tovaglia; di lunch, breakfast e dinner mentre in Puglia si mància, e basta, perché dalle nostre parti il cibo è massimalista.

Però anche i «ritornati» hanno un cuore meridionale, che batte al ritmo della parmigiana di melanzane fritte con la pastella. La resistenza alle abitudini del Sud, attivata dalle residenze sabaude e longobarde, dura poco.

Bastano pochi giorni affinché i ‘ritornati’ tornino alle radici, organizzando a proprie spese una di quelle kermesse eroiche in cui ci si siede a tavola alle 14.00 e ci si alza alle 23.00 ebbri d’infinito, dove il vino ottunde anche le coscienze più virtuose, la birra è sempre poca e la memoria di aneddoti di paese trasforma il mondo nella giostra di se stesso. Allora anche i «ritornati» tornano a far parte integrante di questa terra matrigna per ciò che riguarda l’offerta di lavoro ma gelosa dei suoi figli ovunque dispersi. Unico cuore, unica anima, unico destino: meridionali per sempre. Certo, servono giorni per ammortizzare certe battaglie gastronomiche, che mettono a repentaglio anche l’apparato digerente più indomabile.

Ma se la gente del nostro Sud riesce a convivere con produzioni industriali criminali, figuriamoci se non è capace di superare due impepate di cozze e quattro fritture di gamberi e calamari. E poi, gentili lettori, c’è un aspetto su cui crolla ogni «ritornato»: i ricordi. Si comincia con quelli degli amici perduti, delle zingarate esagerate, degli amori acerbi che infiammavano i lombi. Di fronte a tali nostalgie si scioglie anche un cuore giaguaro. E spunta, immancabile, quella lacrima che tutto rivela e tutto tace.

E ad ogni «ritornato» viene restituito ciò che nessun luogo estraneo gli potrà mai dare, per quanto costruttore di ricchezza possa essere: l’anima di ciò che è stato, di ciò che è, di ciò che sarà, per quanto lontano la vita lo porti. A noi che restiamo il compito di custodire tutto questo, con cura, con riguardo. Per restituirlo intatto alla prossima estate, quando i «ritornati» saranno ancora tra noi.

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