Lo zucchero che fila, le bancarelle, le giostre che girano e i ragazzi che gridano, le processioni, la banda, le luminarie, i ventagli, persone che non vedi da una vita. Sono giorni vivi, questi, di feste patronali.
Una sera, da bambina, piangevo tanto, facevo i capricci perché volevo un palloncino. Uno dei pochi ricordi chiari che ho di me, da così piccola.
In quelli stessi giorni, di luminarie e le bancarelle, piangevo fino a che mia madre cedette e me lo comprò, il palloncino a elio a forma di stella, macchiata di pois. Il signore della bancarella, di cui ricordo solo le mani, me lo legò al polso. Fui fiera, per qualche minuto. Poi mi tornarono le lacrime agli occhi, mi sentivo soffocare e piegavo e ripiegavo le dita della mano fino a che riuscirono a liberarsi dal filo e fino a che, senza farmi vedere dai grandi, lo lasciai andare nel vento. Lui se ne andava, nel cielo, e diventava sempre più piccolo mentre io diventavo sempre più leggera.
Lo seguivo con lo sguardo, come si segue un ospite che si allontana nel vialetto di casa, facendogli ciao con la mano. Eravamo complici, io e la stella a pois. Ma mia madre non capì e per farmi felice me ne comprò un altro. Lo portammo a casa, lo odiavo. Ogni giorno diventava più piccolo. Il primo invece, facendosi puntino nel cielo, era diventato grande. Avevamo aspettato una settimana prima di buttarlo via, il palloncino numero 2, così aggrinzito e triste che di notte avevo paura a condividerci la stanza. Da allora cominciai a desiderare di diventare grande in fretta, avere il mio portafogli con i miei soldi, per scegliere finalmente di non comprarmici niente. Un due tre, stella! Immobili, che poi tanto si ricomincia a correre.
Un giorno, molti anni dopo, ho capito che il gioco non si chiama così, in verità. Che non c’è proprio nessuna stella. Un due tre, stai là!
Ecco qual è il nome vero e, in effetti, a pensarci bene, ha molto più senso. Sì, ha molto più senso ed è molto più brutto. Spesso succede così, nella vita dei grandi, che si cancellano le stelle in favore degli imperativi.