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Da Jekyll a Mr. Hyde nel ghetto dei poveri

 
Rossella Palmieri

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Rossella Palmieri

Aboubakar Soumahoro a Rignano

Aboubakar Soumahoro a Rignano

Per uno che doveva mantenere i piedi ben saldi a terra, ci saremmo aspettati qualcosa di diverso

Domenica 27 Novembre 2022, 15:33

«Dal bilancio messo insieme da me e me ne venne un dubbio curioso: io ero buono o cattivo?» Nel romanzo di Svevo La coscienza di Zeno il protagonista si pone questa domanda quando assiste senza grande dolore al fallimento dell’amico-rivale Guido fino a sbagliare allegramente funerale per un eccesso di dormita proprio in quel giorno. Non sappiamo se invocare solo la letteratura, sempre in grado di dare risposte ai comportamenti umani, soprattutto a quelli più imprevedibili e assurdi, o anche la morale, la filosofia, la tragedia. Perché in tutta questa vicenda che ha ghermito Soumahoro viene da chiedersi come sia possibile credere per vero un castello di carte in cui realtà e apparenza diventano la stessa cosa come un alambicco degno del dottor Jekyll e di Mister Hyde; come sia possibile vestirsi da Babbo Natale e farsi fotografare a dare regali nel cuore di un ghetto in cui, pare, bambini non ce ne fossero affatto (almeno una buona notizia, quest’ultima). Come sia possibile sfruttare, non pagare ed essere disumani proprio con quelle persone che diceva di voler difendere dismettendo panni e stivali del buon bracciante e indulgendo a un lusso spropositato ed esibito.

Niente di male nel lusso, per carità; ognuno dei propri soldi fa ciò che vuole (se guadagnati onestamente, s’intende). Ma senza indulgere nella retorica e senza debordare in vaghe forme di classismo, sarebbe utile ricordare Chanel quando diceva che il lusso non giace nella ricchezza e nel fasto, ma nell'assenza di volgarità. Ecco, ci aspettavamo esattamente questo in una storia fatta di coop e braccianti arsi dal sole e, specularmente, di social, griffe, resort; ci aspettavamo che l’eroe in grado di non sfigurare in un romanzo post risorgimentale sapesse usare, come diceva Seneca, vasi di terracotta con la stessa dimestichezza dei vasi d’argento e facendo entrare qualcuno a casa, sono ancora le parole del filosofo latino rivolto a Lucilio, consentirgli di ammirare lui piuttosto che le suppellettili. Come in uno specchio che produce ombra e una luna oscura a metà ci appare Soumahoro nei giorni in cui l’autodifesa ha prodotto lacrime, come neanche in una tragedia di Sofocle. Ma per uno che doveva mantenere i piedi ben saldi a terra (i suoi stivali in gomma ne rappresentano una pregnante metafora) ci saremmo aspettati qualcosa di diverso. Del resto – è ancora il tragediografo greco a dirlo – non si può conoscere veramente la natura e il carattere di un uomo fino a che non lo si vede amministrare il potere.

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