Jeans Levi’s con cintura El Charro, scarponi Timberland, calzini e felpe Best Company: erano i tempi di ragazzeria e dei paninari, in cui la sottocultura giovanile nata all’ombra della Madonnina travalicava i confini della capitale meneghina per arrivare anche qui al Sud. Piazza Vittorio Veneto era popolata dai tripolini coperti da Moncler coloratissimi o pelliccia di montone, con Marlboro rosse in bocca e pettinature alla Elvis Presley.
Affascinanti e inarrivabili, i frequentatori dello storico Bar Tripoli erano i più ambiti dalle giovani sfitinzie. In estate vedevi alcuni di loro strusciare lungo i marciapiedi con i rumorosi zoccoli di legno marchiati Dott. Scholl mentre, i teenager di Via Roma, si trastullavano ascoltando la colonna sonora del tempo delle mele al Bar Frisby o fumando e pomiciando di nascosto dietro l’Hotel President.
C’era invece chi, tra zona fontanino e monumento ai caduti, si dedicava ad una vita più spericolata e dissoluta, insieme ai punkabbestia che bivaccavano in zona Singer. L’area del Gran Caffè, decisamente animata dai boomer dell’epoca, era popolata da avvocati, senatori, professori e alto borghesi che, con le braccia conserte dietro la schiena, i giornali impugnati sul di dietro, facevano vasche in saliscendi dibattendo di questioni politiche e amministrative. Loro erano la presenza e la voce rassicurante della città. La vecchia piazza Vittorio Veneto, con i suoi marciapiedi e le sue aiuole puntellate da grandi palme, era un territorio di aree demarcate dove vigevano regole tacite di appartenenza ai diversi gruppi e classi sociali. Si lottava ogni giorno per proteggere i propri confini.
In alcune zone della Piazza veniva montato il palco dei comizi, dove un giorno, durante un’adunanza con preti e democristiani, in braccio ad una signora che arrossì dalla vergogna, da piccolissima alzai il pugno in aria e gridai: compagni!
Qualche vecchietto in uscita dal ciddaro, inebriato da vino e gassosa, sputava a terra rumorosamente, mentre, noi ragazzini degli anni '80, imitavamo i nostri eroi Rocky, Rambo e Sting. Fiocchi tra i capelli, borse di stoffa e toppe sui jeans, vivevamo la nostra adolescenza in una Matera ancora sconosciuta, isolata e dai quartieri di tufo disabitati, dove cominciava a prendere corpo una straordinaria operazione di rivitalizzazione di una città morta e abbandonata.
Il Carnevale degli anni '80 riempiva di gente Piazza Vittorio Veneto, per le vie del centro cittadino sfilavano i carri allegorici e i gruppi organizzati e mascherati. Coriandoli, stelle filanti e trombette riempivano le strade in uno scenario allegro e festoso. I vicinati dei Sassi venivano animati da artisti di strada, cantanti folk e teatrini improvvisati. Di quegli anni, con il loro potere di età spartiacque e con il loro carico di ottimismo, rimane una grande nostalgia mentre, alcuni teatrini improvvisati, non diventano mai un ricordo.