Non so chi se n’è accorto: la Villa Comunale di Lecce, nel primo pomeriggio, più spesso il sabato e la domenica, è un salottino all’aperto. La Villa Comunale, più che altro, è un salotto di servizio, le panchine sono i divani e intorno a quei divani tra gli alberi sciamano donne dagli occhi color topazio e la parlata diversa attraversata, di tanto in tanto, dal dialetto salentino preso in prestito e pronunciato in quel modo dolce che lo fa sembrare strano. Sono le signore ucraine e polacche che si danno appuntamento intorno alla fontana, vicino ai monumenti dedicati agli illustri personaggi dei secoli scorsi. Tancredi, Lo Re, Galateo, ecco l'unico pubblico della loro ora libera dal lavoro che le impegna notte e giorno che sia in corso o meno una pandemia o una guerra o qualche altra situazione estrema. Per tutto il resto del tempo, antieroine anonime discendenti da una versione europea di Wonder Woman, ma senza poteri, badano ai nonni della città. C'è da dire che nel peggiore dei casi, mentre le famiglie che assistono si scandalizzano davanti ai titoli del tg, fanno entrambe le cose, sono pagate per questo, poche centinaia di euro al mese. Lavorano sodo, sette giorni su sette, le più fortunate hanno diritto a una giornata libera, se proprio devono concedersi un aperitivo, si mettono in fila per due come formichine e raggiungono un baretto all'angolo, tenendosi a braccetto come i cignetti della variazione più popolare de “Il lago dei cigni”.
Ma non si sentono cigni, semmai un altro esercito, un plurale femminile venuto dall'Est e che preferisce glissare sulle famiglie a distanza, mariti figli e genitori che tirano avanti grazie ai loro straordinari. Fanno parte di una comunità di invisibili, ne avrebbero di storie da raccontare, ma le riassumono fumandosi una sigaretta, gesticolando con una mano a mezz'aria, come direttori d'orchestra. I loro unici paesaggi umani sono gli ottantenni con un cortocircuito nella memoria. C'è chi si ricorda di essere scampato a un'altra epidemia e ad un'altra guerra, chi passa al montaggio una vita inventata. L'esercito delle badanti sa decifrare i tic della coscienza e certi vecchi album pieni di volti che ora sono posti vuoti a tavola. Potrebbero inserire una nuova fotografia in quegli album, il ritratto di loro stesse accanto alle nonne che accudiscono in un'intimità disertata dalle parentele di sangue. Per adesso, si godono l'amnesia di un'ora sola e guardano impettite ogni mezzobusto di pietra con la targhetta sul piedistallo dei migliori, pur sapendo che a loro nessuno dedicherà mai un monumento.