TORINO – Costituivano di volta in volta nuove società che prendevano il posto di quelle vecchie nel core business, la vigilanza privata, senza però ereditarne le pendenze con il Fisco. Un meccanismo consolidato, tant'è che in pochi anni sono state aperte e chiuse 14 società ad hoc, per un totale di 38 milioni di tasse non pagate. A smascherare il 'truccò i militari della Guardia di Finanza, che oggi hanno arrestato dieci persone in Piemonte, Lombardia, Lazio e Puglia. Altre 54 persone sono indagate a piede libero.
Al centro della vicenda il gruppo Union Delta, per metà torinese e per metà romano, arrivato ad avere ben mille dipendenti, collocati di volta in volta nelle diverse società controllate. 'Scatolè che venivano aperte e poi chiuse per liquidazione, fallimento o trasferimento all’estero, in particolare in Argentina o nel Regno Unito, allo scopo di eludere quello che uno degli arrestati, in una colorita intercettazione, chiama "il fiscus iniquus".
In sostanza, il lavoro e i lavoratori passavano alle società appena create, i debiti con il Fisco restavano invece a quelle vecchie verso le quali però non c'era praticamente possibilità di rivalersi.
Il gruppo che gestiva le operazioni era sempre lo stesso. A guidarlo il torinese Ezio Morettini, 63 anni, e il romano Sante Runci, 66. Il loro "braccio legale", così come appare in un’intercettazione, erano due professionisti baresi: il commercialista Angelo Schena, 33 anni, e l’avvocato Lorenzo Quaranta, 85 anni – l'unico ai domiciliari, mentre tutti gli altri si trovano ora in carcere – che di volta in volta, secondo l'accusa, studiavano il modo migliore per mantenere i business e liberarsi dai debiti col Fisco. Tra gli arrestati anche Pier Paolo Gherlone, 49 anni, professionista astigiano noto tra l'altro per essere stato il patron dell’Asti Calcio e assessore comunale della cittadina piemontese.
"Senza la loro professionalità – ha detto il procuratore aggiunto di Torino, Vittorio Nessi, che ha coordinato l'inchiesta condotta dal sostituto Vincenzo Pacileo e scattata lo scorso anno con 86 perquisizioni – non ce l’avrebbero mai fatta a ottenere quei risultati".
Alla fine le pendenze accumulate nei confronti dello Stato hanno raggiunto i 38 milioni di euro. Denaro che forse potrà essere recuperato, almeno in parte, dalla gestione e dall’eventuale sequestro delle ultime società rimaste aperte – e che operano tuttora nel settore della vigilanza privata – e in parte dall’aggressione del patrimonio privato degli indagati, alcuni dei quali, si evince sempre in un’intercettazione, "hanno messo da parte qualche milioncino".

Mercoledì 25 Settembre 2013, 11:36
24 Marzo 2021, 13:38