Venerdì 12 Dicembre 2025 | 15:48

L’idea? Una nuova Messapia: la proposta di Caroppo (FI) di unire Lecce e Brindisi in un solo territorio amministrativo

L’idea? Una nuova Messapia: la proposta di Caroppo (FI) di unire Lecce e Brindisi in un solo territorio amministrativo

 
Andrea Pezzuto

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Andrea Pezzuto

L’idea? Una nuova Messapia: la proposta di Caroppo (FI) di unire Lecce e Brindisi in un solo territorio amministrativo

«Così s’accorcia il divario causato dalla riforma Delrio che ha declassato le Province»

Venerdì 12 Dicembre 2025, 12:45

Il Tacco d’Italia rischia la necrosi. Arrivarci è complicato e costoso: treni e aerei sono merce rara, l’autostrada e l’Alta velocità, come i corridoi transeuropei, si fermano a Bari e Taranto. I sistemi produttivi di Brindisi e Lecce, pur distinguendosi per una grande capacità manifatturiera e produttiva, vivono da anni una crisi profonda tra Xylella, transizione energetica e ora i dazi, che si aggiungono a quelli fisici determinati dalla perifericità della penisola messapica. Non a caso i due territori sono riconosciuti come aree di crisi dalla legge 181 del 1989. I divari in termini di funzioni e risorse tra le Città metropolitane e le (ex) Province, in Puglia segnatamente tra Bari e il sud del Salento, sono sempre più ampi. Un disagio che inizia ad affiorare anche in territori «opulenti» come la Romagna, dove Rimini, Ravenna, Forlì e Cesena hanno deciso di riunirsi sotto un’unica Confindustria e dove tra gli enti di queste realtà è nato anche il primo laboratorio nazionale di pianificazione strategica interprovinciale. La base del progetto romagnolo è rappresentata da comuni esigenze e visioni. Funziona per questo. Il Grande Salento, invece, prova da quasi 30 anni a mettere assieme tre province dove gli interessi di Brindisi e Lecce sono sempre più confliggenti rispetto a quelli di Taranto. Da qui, e dalla necessità di colmare il vulnus di coordinamento territoriale derivante dal declassamento delle Province prodotto dalla legge Delrio, la proposta del deputato di FI, Andrea Caroppo, di abbandonare l’idea del Grande Salento e di lavorare su un nuovo, asciutto, concreto sistema territoriale e identitario tra Brindisi e Lecce, unite dall’esigenza di potenziare i collegamenti sulla dorsale adriatica meridionale e da una matrice comune messapica, «perché parlare di Salento rischia di non rappresentare Brindisi, e in questi progetti, in cui il sentire comune è fondamentale, bisogna curare anche la terminologia», osserva il parlamentare (messapico).

«A dieci anni dalla modifica delle Province avvenuta con la legge Delrio, si avverte un divario sempre più ampio tra le Città metropolitane e le ex Province ordinarie. In Puglia, in particolare, tra la Città metropolitana di Bari e il sud della Puglia. Tant’è che anche le ultime elezioni regionali segnalano aree in cui si sono registrati risultati molto in controtendenza rispetto a quello generale: penso a Lecce, dove si è quasi verificato un pareggio tra centrodestra e centrosinistra, e questo significa che c’è qualcosa di profondo che si sta muovendo. Credo che sussista un problema di architettura delle forme di governo dei territori e di gestione ottimale delle competenze. Prima dello svuotamento delle Province, si era molto lavorato sul concetto di Grande Salento, che ingloba Brindisi, Lecce e Taranto. È un percorso avviato agli inizi del 2000 dai tre presidenti di Provincia dell’epoca, che riprendeva il concetto della Terra d’Otranto. Dal 2014, a causa della legge Delrio e delle evoluzioni dei territori, l’area adriatica e quella ionica hanno seguito traiettorie diverse, con Brindisi e Lecce da una parte e Taranto dall’altra. Pertanto oggi quel concetto di Grande Salento è superato, morto. Anche il recente tentativo di redigere un masterplan sulla Terra d’Otranto promosso dall’Università del Salento va accantonato».

Su quali temi si sono consumate principalmente queste divergenze?

«Penso alla gestione di infrastrutture come i porti e gli aeroporti. Siamo come i capponi di Renzo, che si combattono e alla fine sono destinati alla morte. I porti di Brindisi e Taranto pensano di sfidarsi per la leadership quando invece tutte le più importanti scelte programmatorie hanno favorito Bari. Stessa cosa vale per l’aeroporto: mentre si perpetua da anni questo continuo conflitto tra lo scalo di Brindisi e la presunta riattivazione di quello di Grottaglie, Bari continua a crescere a grande velocità. Per dirne una: durante il congresso Upi che si è svolto a Lecce, molti ospiti si sono lamentati della difficoltà di raggiungere la città in bassa stagione per la penuria di collegamenti aerei e ferroviari».

Cosa propone di fare?

«A volte le questioni terminologiche diventano sostanza. Dovremmo partire da un nuovo sistema territoriale tra Brindisi e Lecce fondato su un sentire comune. Prima dell’arrivo dei romani, tra l’ottavo e il terzo secolo avanti Cristo, nelle aree di Brindisi e Lecce si stabilirono i Messapi. Ecco, credo che a livello terminologico si possa individuare una comune matrice messapica tra i due territori, perché mi rendo conto che, a volte, parlare di Salento genera qualche insofferenza a Brindisi».

Nel pratico, quali passi dovrebbero compiere i due territori?

«In alcune aree, che sono più avanti di noi, si stanno sviluppando modelli interessanti. Penso alla Romagna, con le province di Rimini, Ravenna, Cesena e Forlì che dopo la riforma Delrio sono andate in grande difficoltà. Lì si sta ragionando su un sistema territoriale che tende a un riconoscimento delle funzioni e delle risorse più simile a quello garantito alla Città metropolitana di Bologna. Nel frattempo, stanno avviando una pianificazione unitaria su trasporti, urbanistica, vocazioni produttive. Questo processo sta avvenendo tra gli enti ma anche nelle realtà associative, con la creazione di un’unica sezione di Confindustria Romagna che ingloba le altre. E queste dinamiche si stanno riproponendo anche nelle associazioni di categoria agricole. Esiste una comunanza di visioni e si avverte la necessità di fare massa critica per ridurre le distanze dalla Città metropolitana, che ha risorse ingenti».

Su quali basi si può replicare questo modello nell’area messapica?

«Brindisi e Lecce hanno una forte complementarità: condividono la stessa dorsale infrastrutturale adriatica e le stesse esigenze di potenziamento dei collegamenti; hanno un tessuto imprenditoriale simile, con tante piccole imprese, molte delle quali attive nella viticoltura e olivicoltura, oltre che nella cantieristica navale con il distretto nautico pugliese che è imperniato di fatto sulla produzione di componenti che avviene tra Brindisi e Lecce; ma un’integrazione esiste anche nell’aerospazio. I due capoluoghi si completano, essendo Brindisi maggiormente a vocazione produttiva e Lecce più votata all’offerta di servizi e formazione. Ecco, su queste basi i rappresentanti istituzionali dovrebbero iniziare a lavorare, in virtù della normativa vigente e di quanto prevede il Tuel, sull’integrazione dei due Comuni capoluogo e delle due Province, tra protocolli d’intesa e gestione associata di alcune funzioni. La programmazione turistica tramite le Dmo, che contempla anche la necessità di un coordinamento comune sui trasporti, sta offrendo spunti di riflessione sulla necessità di mettere a sistema i due territori. Credo inoltre che l’attuale assetto delle Camere di commercio necessiti di una revisione: la Camera di commercio Taranto-Brindisi mi pare che non stia funzionando e che non sia rappresentativa di interessi e visioni comuni alle due aree. I rappresentanti istituzionali e le associazioni di categoria devono effettuare una valutazione specifica, perché insistere sull’idea di un Grande Salento con Taranto e l’arco ionico all’interno, ci sta portando a un vicolo cieco».

Si può pensare a un contenitore che acceleri questi processi?

«Sì, un’idea è quella di costituire un comitato che aggreghi rappresentanti istituzionali, enti e associazioni di categoria di Brindisi e Lecce che possano lavorare sui grandi temi e individuare gli strumenti più idonei di cooperazione e pianificazione. È un fatto che il sud della Puglia stia soffrendo per una tendenza naturale verso la Città metropolitana e per un profondo favor per l’area di Bari a discapito di altri territori. Brindisi e Lecce combattono le stesse battaglie, essendo due aree profondamente complementari. Serve solo un coordinamento istituzionale che guidi questo processo e sopperisca al vuoto lasciato dalle Province, le cui funzioni a mio avviso non verranno ripristinate a stretto giro. Per questo bisogna iniziare a lavorare su strumenti alternativi».

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