BARI - «I giovani non riescono più a sognare». È l’amaro commento di Franco Sifanno, direttore della mensa Caritas della cattedrale di Bari. È sposato e ha due figlie che studiano e sono scout, una moglie catechista. Quando termina la giornata di lavoro (Sifanno è un commerciante) va alla mensa. In piazza Odegitria, a 20 metri dalla cattedrale. Dove si fa accoglienza per i più poveri, i «senza-niente». I moderni Gesù Cristo in croce. Dimenticati da una società ormai divenuta povera, non solo materialmente. Perché l’individualismo, il nichilismo, la povertà morale e spirituale sono un abisso.
«Ai nostri figli – dice Sifanno - abbiamo mostrato una finta ricchezza. Un genitore con un misero stipendio è costretto a sostenere serate in pizzeria, settimane bianche, quattro cellulari. E alla fine si indebita». Ma quei giovani, abituati a godere di una finta agiatezza senza valori, non reggono alla privazione. Iniziano i conflitti con i genitori. «E spesso si sono rifugiati nella dipendenza». Non solo dalle sostanze stupefacenti ma anche dalla cosiddetta droga povera. L’alcool. Dice il direttore della mensa: «Con 2 euro, ti sballi. Tanti giovani adesso bevono».
Ma alla mensa della Caritas incontri le storie più incredibili. «In quest’ultimo periodo, restano per strada persone anche perbene. Famiglie dignitose messe sul lastrico dalla crisi», è ancora Sifanno che racconta. Ed è facilissimo. Prima c’era la famiglia a sostenere il disoccupato o il licenziato. Ora la famiglia non ce la fa. Ma in mensa trovi chi ha perso se stesso in tanti modi, dal gioco d’azzardo, all’alcool fino alla video-dipendenza. Proprio con la crisi odierna, va di moda il guadagno facile. Tentare la fortuna al tavolo verde e persino al lotto. Ma il gioco diventa un vizio. Un’adrenalina continua che ti fa stare bene. E questo impoverisce le famiglie.
«Gli stessi genitori non sono più disposti a fare ulteriori sacrifici. Ne hanno fatti tanti. Hanno lavorato di notte». Sifanno riflette ancora sulla perdita dei valori morali e spirituali: «La mia famiglia d’origine era composta da 9 figli. Quando ero ragazzino, noi nove, i genitori ed i miei due nonni eravamo tutti in un’unica casa. Uno zio emigrato in Venezuela non ebbe fortuna. Lo ospitammo con noi. Dormivamo non so come». La famiglia era un valore saldo.
Oggi, la stessa famiglia non è più un punto di riferimento. E le mense Caritas si riempiono. Questa di Bari riceve circa 160 persone. Oltre alla mensa c’è un ambulatorio. Le docce. Un centro ascolto. Un servizio Caritas che funziona come una grande rete. I centro-ascolto non si limita solo a donare il pacco, il cibo. Si va a monte del problema. «Cerchiamo di capire perché una persona giunge a prendere il pacco», analizza Sifanno. Che prosegue: «Vogliamo risolvere il problema. Cerchiamo di far sì che non giunga alla mensa. Il nostro compito non è riempire le mense o i dormitori. Il nostro successo è svuotarle».
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