Secondo i giudici romani, infatti, le censure mosse dal ministero delle Infrastrutture e dalla Regione «non sono manifestatamente pretestuose» ed anzi risultano «apprezzabili» sotto il profilo del fumus. Regione e ministero sostengono infatti che gli arbitri non avessero (più) titolo ad esprimersi e, soprattutto, che il vecchio contratto di appalto si fosse risolto dopo la bocciatura del progetto in Cassazione: le imprese (Condotte, Seli, Dec e Faver) hanno ricevuto 5 milioni per la quota di lavori effettuati e avrebbero diritto solo a un piccolo risarcimento (4,7 milioni).
La decisione è importante perché l’eventuale esecuzione del lodo avrebbe bloccato l’aggiudicazione del nuovo appalto da 106 milioni. Giusto pochi giorni fa, infatti, il Commissario straordinario Roberto Sabatelli ha proceduto all’apertura delle buste: la graduatoria provvisoria vede al primo posto un raggruppamento guidato dalla Vianini, ma prima della firma del contratto dovrà essere completata la verifica di anomalia dell’offerta. Non a caso ieri l’assessore regionale Fabiano Amati, che guida il nucleo di vigilanza sui lavori della Pavoncelli bis, ha espresso «soddisfazione»: «Adesso - dice - è importante arrivare alla consegna dei cantieri, anche per vendicare trent'anni di vergognosi ed insopportabili sperperi».
A parte i primi due appalti mai portati a termine, c’è la storia un po’ paradossale dell’ultimo lodo arbitrale, oggetto di un esposto alla procura della Repubblica e (dopo gli articoli della «Gazzetta») di un’in - terrogazione parlamentare del Pd. Non solo la condanna, ma anche più di 3 milioni tra spese legali e consulenze per il funzionamento del collegio arbitrale. A cominciare dalla maxiparcella da 1,9 milioni che i tre arbitri (Sergio Santoro, magistrato, ex capo di gabinetto di Alemanno, il romano Federico Tedeschini e il barese Luigi Volpe) si sono autoliquidati con tanto di richiesta di ottenere un anticipo (respinta).
A oggi gli arbitri hanno ottenuto 700mila euro, cioè circa metà di quanto richiesto, ma secondo l’Avvocatura dello Stato non potrebbero chiederne più di 244mila euro. Nel frattempo, però, è spuntata un’altra maxiparcella da 432mila euro più Iva e contributi previdenziali per la relazione del consulente tecnico d’ufficio (Marco Lacchini, professore all’università di Cassino) su cui si basa la condanna: un documento che rischia di costare ai cittadini italiani 1.846 euro a pagina.
Una situazione talmente incredibile che Amati prova a prendere con filosofia, citando Luigi Lombardi Vallardi: «Mi sento come uno spillo che si è avvicinato ad un pallone gonfiato, ampiamente persuaso che lo spillo è piccolo ed il pallone è grande. Ma la Regione non è disposta ad indietreggiare di un solo millimetro». Anche perché la vecchia Pavoncelli sta crollando, e la nuova galleria rischia di trasformarsi in una corsa contro il tempo. [m.s.]
















