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Finanza creativa in Puglia si rischia «buco» da 12 mln.

Finanza creativa in Puglia si rischia «buco» da 12 mln.

 
Finanza creativa in Puglia si rischia «buco» da 12 mln.

Domenica 21 Agosto 2011, 08:29

02 Febbraio 2016, 23:42

di MASSIMILIANO SCAGLIARINI

La piccola Serracapriola ci ha impegnato quasi metà del suo bilancio. A Maglie e Gravina ne sono usciti l'anno scorso, limitando le perdite. Lecce invece sta valutando. L'emergenza che riguarda i derivati diventa sempre più pesante: secondo la Corte dei Conti, infatti, la Puglia è la regione italiana in cui i Comuni hanno stipulato il maggior numero di contratti. Gli enti locali che hanno scommesso sulla finanza creativa sono 72, cui si aggiungono 4 Province (mancano Bari e la Bat) per un totale di 100 «Irs»: nel corso del 2010 dovrebbero esserne stati cancellati 35, ma nel frattempo – a fronte di anticipazioni cash pari a 5 milioni – la perdita teorica ammonta a 12 milioni. Insomma un pessimo affare. 

La moda dei derivati è esplosa tra il 2003 e il 2004, quando sembrava che attraverso questi strumenti si potessero risolvere tutti i problemi di bilancio degli enti locali. E' andata in modo diverso, come sappiamo, tanto che a fine 2008 il ministero dell'Economia vietò la firma per un anno. Ma nel frattempo i vecchi contratti sono sempre lì: gli «up front» incassati alla stipula sono stati spesi (quasi sempre bene), ora restano da pagare gli interessi. E chi ha derivati collegati al mercato azionario – for tunatamente nessuno, tra gli enti locali – rischia perdite pesantissime. 

Nell'ultimo rapporto sulla finanza di Comuni e Province, la magistratura contabile ha visto che in Puglia gli enti locali hanno trasformato in derivati circa 850 milioni di euro: per i soli Comuni si tratta di quasi un quarto del debito accumulato in bilancio. Operazioni molto complesse, che spesso i funzionari pubblici e gli assessori non riescono a comprendere fino in fondo: a Bari nel 2003 il «no» alla stipula di un derivato costò la poltrona al direttore di ragioneria, mentre nello stesso periodo a Brindisi giunta e consiglio non tennero conto del parere negativo espresso dai revisori dei conti (e ora pagano). Questo perché gli amministratori si fanno ingolosire dall'anticipo in contanti, senza accorgersi che la «scommessa» sui tassi di interesse li espone a perdite illimitate. 

E' accaduto un po' dovunque, soprattutto nei piccoli centri: a Serracapriola il derivato con Unicredit vale 2,5 milioni e oggi ha una perdita (potenziale) di circa 70.000 euro. Qualcuno ci ha pure guadagnato, come Lucera (la chiusura del contratto è costata circa 40.000 euro, a fronte però di anticipi incassati per circa 150.000 euro) e Trinitapoli (con un saldo positivo di 310.000 euro). Sono casi fortunati, perché di solito è finita in modo diverso: per uno swap, ad esempio, Trepuzzi è finita nella lista degli enti a rischio dissesto. Per uscire dall'Irs stipulato con Banca Opi, Veglie ha dovuto sborsare 509mila euro, a Taranto l'ex sindaco Rossana Di Bello e altre 11 persone sono appena state rinviate a giudizio per i derivati sottoscritti nel 2005 senza ottenere nemmeno il via libera del Consiglio: secondo la procura quei contratti sono costati 8 milioni di euro. 

Nel complesso le perdite teoriche accumulate dai Comuni ammontano oggi a 8,45 milioni, cui aggiungere quelle (3,79 milioni) che spettano alle Province. Con una particolarità tutta pugliese, evidenziata dalla Corte dei Conti. Il saldo finanziario totale dei Comuni con le banche (soprattutto Unicredit e Mps, anche se qualcuno si è spinto fino in Inghilterra) per il momento è positivo per circa 5 milioni: significa che la gran parte degli enti locali non si è ancora resa conto del disastro cui sta andando incontro. 
Sono 32, invece, i Comuni che hanno annunciato l'intenzione di chiudere i derivati nel corso del 2010, pagando il mark to market ed evitando così un aggravio del debito: ma non tutti lo hanno fatto. C'è chi tratta con le banche (come Lecce) per ottenere una rinegoziazione, e c'è chi (come Mesagne) si è affidato a un valutatore indipendente per «smontare» il contratto e capire se la controparte si è comportata correttamente. 

Decisamente più tranquilla la situazione in Basilicata, dove i Comuni con derivati sono appena 9 per 11 contratti stipulati e una perdita teorica che non raggiunge i 500mila euro. Cifre poco significative, ma a Venosa lo scorso anno hanno comunque deciso di uscirne e nel complesso ci hanno guadagnato. Anche loro sono tra i pochi fortunati.
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