«A prepararmi il 'vestito da sposa', come lo chiamo io, - spiega all’ANSA – per la serata (in programma il 27 febbraio, ndr), è un carissimo amico, Sergio Zambon. Siamo cresciuti insieme, ha un grandissimo talento, le sue collezioni sfilano a Milano».
La costumista, figlia di un sarto che ha lavorato anche con Caraceni, è nata a Taranto, e ha alle spalle gli studi all’Accademia di Brera e le collaborazioni con registi giovani «legati a piccoli budget ma coraggiosi, che amano le sfide». Fra questi, anche Roberta Torre (Tano da morire), Gabriele Muccino (Ecco fatto), Edoardo Winspeare (Sangue vivo), Saverio Costanzo (In memoria da me, La solitudine dei numeri primi), Maria Sole Tognazzi (L'uomo che ama), e Francesco Lagi, nella commedia Missione di pace, di prossima uscita, con Silvio Orlando e Alba Rohrwacher.
«Io e Alba siamo grandi amiche - dice – quando mi hanno telefonato per dirmi dell’Oscar ero a pranzo a casa sua. Ci siamo messe a urlare insieme». La Cannarozzi considera la nomination «un riconoscimento all’enorme passione che tutti abbiamo messo nel film, lavorando, fra tutti i reparti, con una compenetrazione fortissima. Io sono l'amore è andato bene in America ed è piaciuto ai critici, perchè, penso, sia un film ricco in sè, nonostante i vari stop per i problemi economici. Gli altri nominati sono filmoni in cui per i costumi lavoravano almeno 40 persone, noi eravamo in 4 più due stagiste».
Nessuna polemica per la mancata scelta di Io sono l’amore a rappresentare l’Italia agli Academy Award: «Va bene così, quelle sono dinamiche difficili da capire». La costumista è contenta di essere in gara in una cinquina di tutte donne, «tutte professioniste che ammiro, da Sandy Powell a Jenny Beavan. Io sono l’amore è l’unico fra i cinque film con una storia contemporanea. E l’oggi è quello che mi piace di più rappresentare. Amo un cinema di segni, capace di emozionare anche con un solo capo, come per esempio succede quando si pensa al cappotto di Marlon Brando in Ultimo tango a Parigi».
La salute del cinema italiano, per Antonella «resta precaria. Ci sono decine di progetti fermi. Sono molto contenta per gli incassi che stanno avendo le commedie, ma il cinema giovane, quello che rischia di più, deve continuare ad essere sostenuto».
A proposito di Guadagnino (“sta pensando al nuovo film“), la Cannarozzi spiega che la sua forza è «volare alto e far volare anche le persone che lavorano con lui. Poì e un professionista attento al minimo dettaglio. In una scena per avere un maglione che sembrasse slabbrato naturalmente, era pronto a informarsi su come creare una coltivazione di tarme... l'ho fermato appena in tempo».
Per lei, ora al lavoro su uno spettacolo teatrale di Pippo Delbono, Dopo la battaglia, e poi per il nuovo film di Edoardo Gabbriellini, stanno iniziando ad arrivare offerte anche dall’estero: «Spero di continuare a lavorare in progetti contemporanei in cui le persone siano fucine di idee. Certo non mi dispiacerebbe avere qualche volta budget più ampi». Quali attori italiani le piacerebbe vestire per un film? «Con molti che amo ho già lavorato, come Francesca Neri, Valentina Cervi, Silvio Orlando, Claudio Santamaria, Piefrancesco Favino. Mi sono sfuggiti per ora Margherita Buy e Kim Rossi Stuart».
















