BARI - Il ragionamento era già stato fatto ai diretti interessati, da tempo ma senza fortuna. Ed è per questo che le parole pronunciate da Antonio Decaro sabato sera a Lecce suonano come un vero e proprio ultimatum: sono pronto, ha detto in sostanza l’ex sindaco di Bari, ad accettare la candidatura a presidente della Regione, ma «senza forzature e senza tutele da parte di nessuno». Intendendo con questo che Decaro non accetterà la presenza in lista dei suoi predecessori Nichi Vendola e Michele Emiliano.
È un discorso che nel giro dei fedelissimi di Decaro viene ripetuto da tempo e non senza fastidi. Non si è mai visto, nella storia delle elezioni regionali post-riforma, che i presidenti uscenti si siano candidati «a supporto» dei loro successori. Il perché è ovvio, ed ha a che fare con la libertà politica di chi subentra. Che vuole (e deve) essere libero di impostare la legislatura senza i vincoli derivanti dalla presenza di chi lo ha preceduto. Cosa diventerebbe un Consiglio regionale presieduto da Michele Emiliano? Una sorta di contropotere rispetto a quello del governatore Decaro, che sarebbe costretto ad andare a trattare in via Gentile ogni singolo provvedimento.
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