Sabato 06 Settembre 2025 | 16:43

Bari, l’ex procuratore Volpe: «C’è il rischio di una guerra di mala. Si uccide per poco»

 
Giovanni Longo

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Giovanni Longo

Bari, Volpe: «C’è il rischio di una guerra di mala. Si uccide per poco»

Forte capacità di penetrare nel mondo degli affari e «la carcerazione di molti boss e colonnelli ha causato vuoti di potere che qualcuno sta cercando di occupare»

Mercoledì 03 Aprile 2024, 07:00

13:01

Bari - «Il rischio che quest’ultimo omicidio possa scatenare una guerra di mafia è concreto». L’ex procuratore di Bari Giuseppe Volpe non usa giri di parole. Del resto, «i clan baresi di stampo camorristico sono sempre pericolosi perché al di là dei singoli capi che hanno più o meno intelligenza rispetto ad altri, manca la capacità di mediare i conflitti e di risolverli bonariamente». Ecco perché, quando i fragili equilibri si spezzano, «si torna a sparare con estrema facilità e per motivi piuttosto labili», spiega Volpe dal suo osservatorio privilegiato.

A rendere il quadro più instabile «la carcerazione di molti boss e colonnelli, grazie alle indagini delle forze dell’ordine e della magistratura, circostanza che ha causato molti vuoti di potere che qualcuno sta cercando di occupare».

Una polveriera in cui, allargando lo sguardo, per l’ex procuratore distrettuale stabilire una gerarchia tra i clan baresi è molto complicato. «Sono due i criteri utilizzati, uno quello numerico, ovvero quanti sono gli affiliati, l’altro legato alla capacità di accumulare e nascondere patrimoni illeciti. Penso di potere dire che i Capriati non sono secondi a nessuno».

Da magistrato inquirente, Volpe più volte ha incrociato dall’altra parte della barricata il clan Capriati. Era lui, ad esempio, a rappresentare l'accusa in appello nel processo sul rogo del Petruzzelli. «Il pentito Annacondia raccontò dell’alleanza tra i Parisi e i Capriati per mettere le mani sulla gestione del futuro teatro. Le sentenze hanno detto altro condannando solo gli esecutori materiali, ma a mio avviso quelle indagini hanno dimostrato l’ambizione e aggiungo la capacità dei Capriati come dei Parisi di volere influenzare l’economia reale, puntando a reinvestire i proventi derivanti dalle attività illecite come traffico di droga ed estorsioni».

Il clan che ha la sua roccaforte a Bari vecchia da tempo ha allungato i suoi tentacoli negli affari. «Le indagini documentarono l’infiltrazione dei Parisi e dei Capriati nelle ex Case di cura riunite. Più recente l’impero costruito anche all’estero grazie al gioco e alle scommesse illegali. Ricordo qualcuno di loro che ripeteva come un clic sulla tastiera portasse molti più soldi dei clic sul grilletto di una pistola».

Volpe, infine, fa un passaggio su un tema in queste settimane di grande attualità: l’interessamento dei clan rispetto alle elezioni. Sì, insomma, soldi in cambio di voti. Un problema antico se «con riferimento ai Capriati, c’è chi ne ha parlato rispetto alle elezioni politiche del 1992 - conclude Volpe -. Temo che il recente attacco della politica al fronte antimafia costituito dall’amministrazione Decaro possa aver ridestato istinti revanscisti delle mafie baresi».

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